Il rettore del seminario: «Don Giovanni era sempre disponibile con chi aveva bisogno»

Il ricordo
«La Parola di Dio era il suo cibo». Così monsignor Giorgio Lise, rettore del Seminario Gregoriano, ricorda la figura di don Giovanni Unterberger, insegnante al seminario e formatore di molti sacerdoti, morto per Covid nei giorni scorsi.
«Tanti hanno postato sui social le loro riflessioni per ricordare questa figura di uomo e di prete che ha segnato positivamente – a volte letteralmente cambiato - la vita di tante persone», sottolinea monsignor Lise. «Io sono uno di quelli che don Giovanni ha accompagnato al sacerdozio, ha seguito negli anni, ha incoraggiato, compreso e perdonato attraverso il sacramento della confessione, nel nome di quel Gesù che è sempre stato il suo unico “Signore”. L’ultimo messaggio inviato nella mattinata del giorno della sua nascita al cielo, si concludeva così: “il Signore aiuta”: una fiducia incrollabile in Dio che lui ha saputo trasmettere a tutti».
Monsignor Lise ha tanti ricordi belli, quasi fanciulleschi da comunicare (battute, scherzi, avventure con le sue storiche, piccole autovetture…), «ma oggi li tengo per me; preferisco sottolineare un aspetto che mi ha sempre colpito in don Giovanni: credo di poter dire che questo sacerdote è stato, allo stesso tempo, uomo di Dio e uomo degli uomini. Lui non “conosceva” semplicemente la Parola di Dio grazie ai suoi studi, ma la amava ed era diventata il suo cibo, la sua vita; era il punto di riferimento per le sue scelte. Lo vedo ancora nel chiostro del Seminario, durante le mattinate primaverili o estive, prepararsi davanti a un tavolino l’omelia, della domenica: alcuni fogli di carta, una penna stilografica, la Sacra Scrittura. Uomo di Dio che si preparava a trasmettere agli uomini la Parola che salva. Dicevo che era anche uomo tra gli uomini, uomo per gli uomini, fratello per i fratelli. Nessun momento della sua giornata era precluso a chi avesse avuto bisogno di lui. Per questo, mentre ammiravo la sua disponibilità, tante volte gli chiedevo di… risparmiarsi. La risposta era un sorriso; qualche volta sussurrava: “… ma quella persona aveva bisogno, adesso! “. Erano lezioni e sono state lezioni di amore cristiano, segno di una vita divenuta Vangelo concreto. Mi tornano in mente le parole di Benedetto XVI: “Se nella mia vita tralascio completamente l’attenzione per l’altro, volendo essere solamente pio e compiere i miei doveri religiosi, allora si inaridisce anche il rapporto con Dio”. Le aveva fatte sue!».
«Quando sentirò il campanello suonare», conclude il rettore del seminario, «non dirò più dentro di me “questo squillo è per don Giovanni”, ma mi chiederò se io nella mia vita sono disponibile per gli altri come lo è stato lui. Questa è l’eredità spirituale che ci lascia. A noi sacerdoti, ma anche a tutti coloro che lui ha avvicinato con quella pazienza, carità e serenità che faceva sentire le persone accolte dall’amore stesso di Dio. Quel Dio che lo ha accolto con le parole che tutti vorremmo sentire un giorno: “Vieni servo buono e fedele, entra nella gioia del tuo Signore”».
I funerali di don Giovanni si svolgeranno lunedì alle 10.30 nella cattedrale di Belluno. —
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