Il presidente della provincia di Belluno da Calderoli con la bandiera listata a lutto
Il leghista Gian Paolo Bottacin ha raggiunto Calalzo portandosi dietro una bandiera dell'ente listata a lutto in segno di protesta contro la manovra. Poi l'attacco: "Per salvare la montagna Veneta dai tagli della manovra economica del governo sono pronto a dimettermi"

Calderoli e Bottacin (primo da destra)
CALALZO (Belluno)
. Una bandiera listata a lutto, un'ora di accesa discussione a finestre spalancate e un paio di promesse difficili da mantenere. Dopo quasi un anno di paziente e composta attesa, il presidente della Provincia Gianpaolo Bottacin ha deciso di lasciare in ufficio la cortesia istituzionale: ha raggiunto Calalzo e si è arpionato all'ingresso dell'Hotel Ferrovia in attesa dei "suoi capi". E così, nell'estate più fredda per i vertici della Lega Nord, l'azione più imbarazzante arriva proprio da un leghista della prima ora, lasciato per ore tra le braccia dei giornalisti.
Dopo un anno di tagli tali da non consentire nemmeno la copertura delle spese correnti, costretto a mettere in vendita tutto e ad aumentare le tasse, Bottacin è stato ucciso e resuscitato dal governo di centrodestra nel giro di una notte. Ma nel reparto rianimazione sta per finire l'ossigeno. E così ieri il presidente leghista della Provincia ha deciso di raggiungere la meta delle brevi vacanze di Bossi e Calderoli «non per protesta», ha affermato, «ma per spiegare gli effetti dell'ultima manovra sul nostro ente e su un territorio come il bellunese».
Nell'auto blu (una Mazda 6 bianca prestata da un concessionario locale) Bottacin ha infilato la bandiera di Palazzo Piloni, la fascia nera del lutto e un raffinato libro sull'Unità d'Italia, dono del collega di Cosenza: «Mentre noi qui non abbiamo più neanche i soldi per tappare i buchi sulle strade». Arrivato in Cadore, il leghista «dall'inizio degli anni Novanta» si è piazzato sull'uscio dell'Hotel Ferrovia in attesa dei big del Carroccio, annunciati in un orario generico tra la tarda mattinata e la mezzanotte. Tra gli accampati di Calalzo in questi giorni, però, ci sono anche i giornalisti delle agenzie di stampa e dei maggiori quotidiani nazionali e tutti insieme hanno deciso di ammazzare la noia dell'attesa facendo quattro chiacchiere.
Bottacin ha spiegato la situazione dell'ente Provincia di Belluno, le caratteristiche di un territorio che conta seimila frane e centinaia di chilometri di strade di montagna, i referendum secessionisti, le manifestazioni delle categorie dalla Cgil a Confindustria, l'esasperazione della gente. E ancora i tagli lineari dell'ultimo anno che hanno lasciato Palazzo Piloni con un buco da 8 milioni, la manovra per rientrare, la "certificazione di virtuosità" data dal ministero dell'economia di fronte al bilancio dell'ente, le innumerevoli lettere inviate a mezzo Parlamento tutte senza risposta tranne quella a Napolitano. «Per salvare la montagna Veneta dai tagli della manovra economica del governo sono pronto a dimettermi», ha detto Bottacin, chiedendo però che lo facciano anche tutti gli amministratori politici bellunesi, ai vari livelli e di tutti i partiti, a cominciare da quelli che siedono in Regione del Veneto.
Al suo fianco c'era Matteo Toscani, vicepresidente del consiglio regionale, leghista anche lui: «Sono molto preoccupato», ha detto Toscani, «perché una montagna già marginale e difficile viene ulteriormente penalizzata». Alla fine è arrivato Calderoli che, attorno alle 17 ha ricevuto Bottacin nella sua camera. Il colloquio è durato circa un'ora e, forse perché le finestre erano aperte, si è capito che c'era un po' di agitazione. Sembra che il confronto si sia concluso in maniera positiva, ma all'uscita Bottacin si è limitato a dire: «Sono moderatamente soddisfatto», in compenso ha consegnato la bandiera senza il lutto. Calderoli invece si è sbilanciato, forse troppo: «I tagli verranno rivolti solo alle Province non virtuose e anticiperemo i fondi perequativi al prossimo anno, domani ne parlo con Zaia». Poi è partito per raggiungere Tremonti a Lorenzago.
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