Il Barone delle Dolomiti a processo

ALLEGHE. Il Barone delle Dolomiti è sano di mente. In tribunale come perito, lo psichiatra feltrino Alberto Cestaro ha stabilito che l’alleghese Giuseppe Rudatis era perfettamente capace d’intendere e volere al momento dei fatti contestati, che riguardano lesioni aggravate e minacce aggravate a una donna; non è socialmente pericoloso ed è in grado di partecipare al processo. Certo, può avere una personalità bizzarra: ma questo è in grado di capirlo chiunque lo conosca o lo frequenti.
È il via libera che aspettava il pubblico ministero Maria Luisa Pesco: il procedimento penale può continuare, tanto è vero che dalla prossima udienza - messa in calendario per il 27 aprile dal giudice Luca Berletti - si comincerà ad ascoltare i testimoni su una vicenda ambientata ad Alleghe, nel novembre 2014, all’interno dell’albergo del fratello del futuro imputato. Secondo una prima ricostruzione, scoppiò una lite e la donna, che è di origine slovacca, sarebbe stata colpita con un bastone, soffrendo delle lesioni per una prognosi di otto giorni. Ma c’è anche un’altra contestazione, che chiama in causa le minacce. In giro per il paese, in riva al lago, era comparso uno striscione con la scritta «Vattene, tutto il paese ti odia». Il clima per la donna era diventato insopportabile, al di là di quello che sarebbe successo.
Il processo è in ritardo, perché alla fine di settembre l’imputato non si era presentato in aula, perché risultava ricoverato all’ospedale San Martino. L’avvocato difensore Silvia Dolif aveva invocato il legittimo impedimento, chiedendo un rinvio. Il giudice non si è fidato un granché e ha concesso solo un breve posticipo fino al 17 ottobre, riservandosi di vedere la cartella clinica, a riprova del fatto che non ci vedeva chiaro. Nel frattempo, tre testimoni erano stati congedati, dopo aver perso una mezza giornata di lavoro e invitati a tornare a tempo debito. Solo in seguito, è stata richiesta la perizia psichiatrica, che doveva rispondere ai tre quesiti classici: era capace d’intendere e volere? È socialmente pericoloso? È in grado di sostenere e partecipare attivamente al processo? La risposte sono state tutte e tre positive, altrimenti sarebbe già scattata una sentenza di non punibilità; e allora si può procedere.
La parte offesa, che alla fine dell’estate era regolarmente arrivata in tribunale, si è costituita parte civile: segno che al momento della discussione finale chiederà un risarcimento danni attraverso il proprio avvocato di fiducia.
Gigi Sosso
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