I vitalizi d'oro degli ex onorevoli
Ecco le pensioni di una dozzina di bellunesi per gli anni in Parlamento

BELLUNO. Un vitaliazio: «Immeritato e che, lo ripeto tutti i giorni, dovrebbe essere tagliato della metà», parola di Giovanni Bortot. L'ex sindaco di Ponte nelle Alpi, due legislature dal deputato del Pci (dal 1968 al 1976) è uno dei pensionati d'oro del Parlamento italiano, ma è uno dei pochi a portare davanti alle telecamere la sua cedolina mensile: 3.313,98 euro, netti. La bufera sulla casta non si placa, giustamente, perché di fronte a una crisi che spaventa, gli unici a non rinunciare a nulla sono proprio i parlamentari. «Ovvio», hanno il coltello dalla parte del manico», dice Paolo Bampo che ha fatto tre legislature con la Lega Nord e percepisce un vitalizio di 4.277 euro al mese. L'ultima polemica sulla casta riguarda i vitalizi erogati a 3.356 persone: 2.308 a ex parlamentari ancora in vita e le altre in reversibilità. Nel complesso si tratta di 200 milioni di euro all'anno: «Ma ce li siamo pagati e la nostra cassa di previdenza è in attivo», spiegano i pensionati. Sarà, ma le condizioni per ottenere il vitalizio sono ben diverse da quelle imposte a qualsiasi cittadino: cinque anni di permanenza alla Camera o al Senato, "contributi" versati pari all'8,6% dell'indennità lorda (1.006 euro), 65 anni di età ma solo per chi è stato eletto dopo il 1996 e per chi ha fatto solo cinque anni. Esistono numerosi "baby pensionati", gente che ha iniziato a prendere la pensione a cinquant'anni e che, con cinque anni di contribuzione, prenderà oltre 2.200 euro al mese fino alla morte. Nell'elenco pubblicato in questi giorni da L'Espresso, ci sono anche alcuni nomi bellunesi, parlamentari che hanno terminato il loro mandato molto tempo fa. Oltre a Bortot, ce ne sono numerosi. Nel feltrino Paolo De Paoli, alla Camera dal 1992 tra i banchi dei Socialdemocratici, 5 anni di contributi, riceve 2.238 euro. La stessa cifra viene condivisa anche da Flavio Devetag (Lega Nord), XII legislatura alla Camera, stessi anni di contributi; e da Alfredo Comis democristiano di Santo Stefano di Cadore, eletto deputato nel luglio del 1983; e ancora da un altro leghista: Fabio Calzavara eletto alla Camera nel 1996. Percepisce qualcosina di più, 2.384 euro al mese, Vanda Milano del Pci, eletta deputato nel 1976. La Milano, come la maggior parte dei suoi colleghi sopra e sotto citati, non ha passato in Parlamento 5 anni esatti (un tempo le legislature erano molto più incerte), ma ha potuto riscattare la cifra mancante, operazione che dal 2001 non si può più fare. Salendo di cachet, si trova Donato Manfroi che ha fatto tre legislature al Senato dal 1992 con la Lega Nord e percepisce 4.161 euro al mese. Sempre più su c'è Emilio Neri, Democrazia Cristiana, tre volte al Senato a partire dal 1980 e ora pensionato dal Parlamento con 4.125 euro. Infine Giovanni Crema, due volte deputato e una volta senatore, socialista, con 4.286 euro: «Ma ho riscattato tre anni per 75 mila euro». Nell'elenco delle pensioni manca Giorgio Granzotto che ha fatto due legislature non consecutive, una alla Camera ('68) e una al Senato nel gruppo comunista. Non c'è Italo Sandi eletto alla Camera nel 2001 con i Ds e poi passato all'Udc, forse non percepisce vitalizio perché mancava un mese ai 5 anni esatti, o forse c'è solo un errore nell'elenco ufficiale. Di sicuro appartiene all'unica generazione di parlamentari sfortunati Gino Sperandio, Rifondazione Comunista, che dal 2006 ha passato 22 mesi alla Camera e oggi l'unico "privilegio" che ha è poter leggere i quotidiani gratis on line, ma se n'è accorto dieci giorni fa. «Allora non ho pensato alla pensione, ma oggi sì», dice Sperandio, mentre Bampo fa una proposta sensata: «Abolire il vitalizio e trasformarlo in una pensione vera, cioè misurata sulla base dei contributi versati. E' doveroso per eliminare le disparità tra i cittadini. Io però, grazie a quei soldi, ho potuto continuare a fare politica».
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