I tre amori di Eddj: sport, montagna e zafferano

ALANO DI PIAVE
Eddj Nani è tre volte custode del territorio: per sport, per lavoro e per eredità. Da diverso tempo fa lo sky runner, ovvero il corridore d’alta quota, è diventato accompagnatore di media montagna e da due anni conduce una piccola azienda agricola individuale di coltivazione dello zafferano delle Dolomiti che porta il suo nome. Tre modi diversi per ribadire il suo impegno e amore per le montagne bellunesi. Dopo aver studiato alla scuola enologica di Conegliano su consiglio del padre, il quale «aveva già immaginato che trovato lavoro più facilmente in una cantina», oggi che ha 27 anni Eddj lavora – guarda caso – proprio nel reparto imbottigliamento dell’azienda Ruggeri nella vicina Valdobbiadene.
Il tempo libero è tutto dedicato all’allenamento, anche se lo skyrunning ha gli anni contati, e alla conduzione del piccolo appezzamento di famiglia.
nonno e papà fondamentali.
«Mio nonno Antonio, che tutti conoscono come “Toni”, aveva una stalla con una cinquantina di vacche più un piccolo vigneto, il tutto condotto con passione ma con meno pressione di oggi, tra oneri e burocrazia. Così dopo che l’azienda ha chiuso attorno al 2010 la stalla è stata lasciata andare. Io l’ho sempre aiutato e ho fatto anche due stagioni a malga Paradiso durante gli studi superiori, ma la passione prima per me era la viticoltura. Anche mio padre ha sempre vissuto in mezzo alle montagne, tra funghi e frutti di bosco. Entrambi mi hanno trasmesso la passione per la raccolta e le passeggiate».
L’idea di produrre zafferano.
È nata dopo una gara: «Tutto si collega con l’attività sportiva. Ho sempre giocato a calcio, poi ho iniziato a correre in montagna e la cosa mi ha preso sempre di più, fino a partecipare anche a gare europee e mondiali, arrivando terzo nel 2016 in Abruzzo come under 23. Proprio là ho visto i primi campi coltivati a zafferano e l’anno dopo, tornato in quelle stesse zone, grazie all’ospitalità degli organizzatori ho avuto più tempo per informarmi. Mi sono recato alla piana di Campo Imperatore e a Santo Stefano di Sessanio dove ho visitato un’azienda e mi sono informato sulle caratteristiche del terreno, scoprendo che quello della mia famiglia aveva una qualità simile perché calcareo. Peraltro all’epoca stavo facendo un focus sulla geologia nel corso per diventare accompagnatore, così ho pensato che potesse essere una coltivazione interessante per cominciare. Sono tornato a casa e ho partecipato alla visita guidata di un’azienda di un coltivatore di Asiago dove ho incontrato svariate persone provenienti come me dalla Valbelluna, alcune delle quali avevano già in mente di creare una filiera condivisa in tutta la zona della provincia. Così è nata l’associazione “Zafferano delle Dolomiti”, che ci permette di coltivare in autonomia ma di confezionare assieme il prodotto. Io che stavo per cominciare ad Alano mi sono subito detto “perché no! ”».
il mestiere di accompagnatore
Non avendo frequentato l’università per scelta, ho avuto tempo di dedicarmi ai corsi di specializzazione. Quello di guida ha richiesto 60 giorni di lezione che ho dovuto ricavare anche prendendomi ferie e permessi dal lavoro. Era organizzato con la Regione Veneto e mi ha permesso di iscrivermi al collegio delle guide alpine. Come figura siamo sparsi in tutto il territorio ma non c’è un coordinamento. Io ad esempio oltre all’autopromozione organizzo escursioni in proprio, oppure mi affido a una rete di albergatori o di agenzie. Mi muovo soprattutto nella zona delle Dolomiti e delle Prealpi ma quest’anno per ovvi motivi ho fatto poche uscite e dopo il lockdown l’unica che sono riuscito a organizzare è stata una due giorni dalle Vette Feltrine al Primiero passando per il rifugio Boz.
una provincia da promuovere
«A parte il fatto di andare ognuno per la sua strada, siamo svantaggiati dal punto di vista delle infrastrutture, si pensi alle piste ciclabili che ancora mancano o alle enormi code sulle nostre strade, che in alcuni punti scarseggiano di manutenzione. Ma a parte questo manca un ente che curi il coordinamento e i rapporti tra le varie rappresentanze, incluse le stesse aziende agricole. Il lato positivo di questa arretratezza è che le nostre zone non sono state rovinate dal turismo di massa che ormai ha ridotto molte zone del Trentino a veri e propri parchi giochi. Ma non per questo dobbiamo accontentarci. Ci vorrebbe una rivalorizzazione delle nostre potenzialità in chiave moderna, oltre che una mano dal punto di vista organizzativo ed economico». —
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