«I reggimenti alpini resteranno come sono»

BELLUNO. Prima uscita pubblica, nel Bosco delle Penne Mozze a Cison di Valmarino, del colonnello Antonio Arivella, comandante del 7° Reggimento alpini di Belluno. Domenica l’ufficiale è stato salutato, davanti ai 3 mila presenti, dal presidente emerito dell’Ana Corrado Perona, che ha approfittato della circostanza per anticipare che all’adunata nazionale del Piave, il prossimo anno, sfileranno anche gli Amici degli alpini.
Prime ore al 7° Alpini. Il rodaggio come va?
«Io conosco già il 7° Rgt Alpini perché in passato ho prestato servizio a Belluno come comandante di battaglione negli anni 2009-2011 e con il Settimo sono anche stato in Afghanistan in missione. A quel tempo fui il primo comandante che ha assunto la responsabilità della valle del Gulistan e in quel periodo abbiamo avuto cinque caduti. Ritrovarmi qui come prima occasione ufficiale è un onore perché si può solo immaginare cosa voglia dire per me ricordare le persone che ho comandato in operazioni e che non ci sono più».
Lei è giovanissimo. Quale sarà lo spirito del suo servizio?
«Io sono il comandante del Settimo ma dico a tanti di non guardarmi come il colonnello comandante ma come una persona che racchiude in sé tutti quei valori di cui oggi s’è parlato: comunione d’intenti, spirito di sacrificio, impegno nel sociale e anche disponibilità allo spirito di sacrificio».
Gli alpini dell’Ana temono un ridimensionamento delle truppe alpine.
«Le truppe alpine sono strutturate in due grandi brigate, la Taurinense e la Julia, con un grosso comando a Bolzano. Per quello che è lo stato attuale non ci sono variazioni nell’organico, quindi i reggimenti saranno quelli che sono, alle dipendenze delle brigate e continueranno ad essere alimentati con i volontari che di volta in volta verranno reclutati nell’ambito delle truppe alpine».
Ma il reclutamento dei volontari nelle truppe alpine ha bisogno di nuove sollecitazioni?
«Se proviamo a ragionare sul motivo per cui una persona al giorno d’oggi intraprende una carriera militare, la prima cosa a cui si pensa è chiaramente l’incentivo economico. Può essere la partenza per la maggior parte delle persone. Quello che però è importante, e questo è un compito dei comandanti ai vari livelli, è fare in modo che intervenga qualcosa che sia successivo alla spinta iniziale, quindi i valori, la comunanza, la vita di montagna, l’impegno nelle operazioni che facciamo all’estero. E questo è il nostro impegno».
Gli alpini sono tra le prime sentinelle delle terre alte, dei problemi che le affannano. In che misura la condizione della nostra montagna vi preoccupa?
«È un dato di fatto che allo stato attuale ci sia uno spopolamento della montagna perché le opportunità lavorative non siano più in quota. Quindi, se dovessi dire se c’è una soluzione a brevissimo termine, mi troverei a rispondere di no. Sta di fatto che la nostra presenza sulle montagne crea senza dubbio un indotto che nel nostro caso può essere utile alla gente che ha deciso di rimanere».
Francesco Dal Mas
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