Gruppo Autismo, «una grande attività per l’inserimento sociale dei ragazzi»

BELLUNO
Migliorare la qualità della vita delle persone affette da questo disturbo e delle loro famiglie, nell’immediato e in prospettiva futura. È l’obiettivo del Gruppo Autismo Belluno, presente sul territorio bellunese da più di quattro anni, con ottanta soci all’attivo.
Presidente Flavio Mares, cosa via spinto a dare vita a questo sodalizio?
«Siamo un insieme di famiglie che ha al proprio interno una persona colpita da questo disturbo e che qualche anno fa si sono sedute attorno a un tavolo per ragionare sul problema “del dopo di noi…”. A tal proposito mi preme spiegare questa patologia. L’autismo è un disturbo dello sviluppo neurologico della persona, caratterizzato da un insieme di aspetti che sono diversi a seconda della persona. Si parla sempre più spesso di “spettro autistico”, nel senso che non si riesce a identificare una persona autistica per una caratteristica specifica. Ci sono persone che vivono in assoluta autonomia, pur essendo autistiche, e altre che non sono in grado di fare nulla, se non assistite. Una caratteristica comune è il deficit della comunicazione verbale e non verbale, in poche parole la persona colpita è incapace di entrare in relazione con gli altri».
A quale età si scopre questo disturbo?
«Allo stato attuale la diagnosi avviene intorno al primo anno d’età, anche se tutto dipende dalla gravità e dalla situazione. Ci sono anche forme che emergono in età adulta».
A Belluno quale è il quadro?
«A livello nazionale si è partiti tardi a censire l’autismo, circa trent’anni fa. A Belluno sono 15 anni che si effettuano vere e proprie diagnosi. Questo comporta che non vi sia una mappatura vera della nostra provincia. Bisogna rifarsi ai dati certi che si ricavano dal mondo della scuola che, al giorno d’oggi, intercetta qualsiasi tipo di situazione. Su 22 mila studenti si parla di una novantina di casa: parliamo dello 0,3% che corrisponde alla media nazionale. Se poi il dato lo si rapporta con la popolazione bellunese, purtroppo si deve parlare di 500/600 casi».
Come operate sul territorio?
«Noi portiamo avanti un’opera di sensibilizzazione affinché la popolazione coprenda cosa sia l’autismo. Questo è il primo step, fondamentale per far sì che le persone che rappresentiamo vengano accettate più facilmente, facendole anche interagire con la società civile. Poi promuoviamo corsi per la formazione degli operatori assieme all’Usl 1 stimoliamo attività ricreative per la gestione del tempo libero. Questo, infatti, è uno dei grandi problemi che hanno le famiglie in quanto alcuni ragazzi hanno un’estrema difficoltà a far qualcosa da soli o a interagire con gli altri».
Nell’ambito di queste ultime attività, che reazioni hanno i bambini?
«Quelli invece che sono attratti da ciò che viene suggerito, danno il massimo nella realizzazione di quanto è stato offerto, m riferisco soprattutto alle attività di cucina, pittura o teatro. Talvolta, in fase iniziale ci sono delle difficoltà, ma una volta superato lo scoglio iniziale, si “buttano” a capofitto nel lavoro assegnato».
Come reagite voi familiari, quando vedete il ragazzo muoversi autonomamente?
«Il primo problema che hanno le famiglie è vedere che il proprio figlio è “tagliato fuori” dalla società. Nel momento in cui si riescono a creare delle attività in cui i ragazzi partecipano in modo coinvolgente, c’è una grande soddisfazione. Questo sentimento è vissuto anche dalle famiglie nel vedere che in questi anni vi è una grande apertura mentale della società nei confronti dei loro bambini, rispetto al passato».
Quando una famiglia si rivolge a voi, qual è il primo aiuto che riceve?
«Innanzi tutto viene dato un grandissimo supporto psicologico. Nel momento in cui una famiglia scopre di aver un caso di autismo c’è un periodo di smarrimento, che è difficile da superare in quanto non si sa a cosa si va in contro. Trovare un’associazione composta da persone che hanno il medesimo problema, che hanno superato la fase iniziale e che hanno piacere di portare avanti un determinato progetto, per loro è un grande aiuto. Inoltre indirizziamo la famiglia, in base alla nostra esperienza, verso persone preparate nel mondo dell’autismo, sia a livello provinciale che nazionale». —
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