Giornata della Memoria, "Belluno-Bolzano: quelle deportazioni erano pianificate"

Nel secondo volume de "Il libro dei deportati" l'analisi di Adriana Lotto che collega l’attività dei nazisti in provincia col lager altoatesino
In occasione del Giorno della memoria esce il secondo volume di «Il libro dei deportati». Dopo il primo volume edito lo scorso anno, che conteneva le note biografiche di tutti i deportati politici, Mursia aggiunge questo secondo lavoro che contiene studi e approfondimenti sulla deportazione nelle varie parti d’Italia. Il piano dell’opera prevede ad aprile l’uscita del terzo volume che conterrà le analisi elaborate dal gruppo centrale di ricerca e le storie dei diversi Konzentrationslager nazisti.


Il libro verrà presentato giovedì e venerdì a Torino, in un convegno nazionale che farà il punto sulla ricerca, coordinata da Brunello Mantelli dell’Università di Torino. Al convegno parteciperanno gli autori, tra i quali Adriana Lotto. L’iniziativa verrà conclusa da una tavola rotonda con gli storici Enzo Collotti, Brunello Mantelli, Nicola Tranfaglia.


Adriana Lotto si è occupata di «Resistenza, rastrellamenti, deportazione nel Bellunese». Poiché il campo di concentramento di riferimento per i bellunesi era quello di Bolzano, risulta utile anche un altro saggio, scritto da Cinzia Villanio: «Il Durchgangslager di Bolzano 1944-1945». La Lotto ripercorre le tappe principali degli arresti dei bellunesi e della loro deportazione, distinguendo tre periodi: luglio-agosto 1944, gennaio-febbraio 1945, settembre-dicembre 1944. La deportazione fu sistematica solo nell’autunno 1944, non a caso subito dopo la grande offensiva partigiana dell’estate. Dal marzo 1945 invece i nazisti interruppero la deportazione e passarono direttamente alle impiccagioni (che del resto non erano mancate in precedenza). Fu in questo periodo infatti che avvennero gli episodi più drammatici con l’impiccagione dei resistenti o presunti tali.


La sorte degli arrestati non fu uguale per tutti. Il numero preciso dei deportati bellunesi non è ricostruibile ma, mettendo a confronto diverse fonti documentali e orali, si ritiene che nei KL finirono oltre 250 persone (tra i quali 63 ebrei stranieri presenti in provincia dopo l’8 settembre 1943), mentre gli ostaggi e i rastrellati internati a Bolzano e nei campi di lavoro satelliti (Merano, Bressanone, Colle Isarco, Sarentino, Vipiteno, Certosa) furono circa 600. Tenendo conto che nel campo di via Resia passarono 7982 deportati, i bellunesi furono dunque circa il 10 per cento. Dei 200 “politici” deportati nei campi di Mauthausen, Dachau e Flossemburg sopravvisse solo il 15 per cento.


E’ stata notata una coincidenza puntuale tra i convogli in partenza da Bolzano per i lager in Germania e l’arrivo a Bolzano di convogli da Belluno. In sostanza ogni volta che partiva un convoglio da Bolzano ne arrivava uno da Belluno. Esisteva dunque un nesso tra lo spazio fisico disponibile nel campo, le richieste di mandopera schiava in Germania e la disponibilità di manodopera. Ne consegue che doveva necessariamente esistere una pianificazione delle deportazioni, una macchina organizzativa ben oliata che faceva funzionare il lager di via Resia come centro di smistamento.


In quest’ottica si spiega anche una certa casualità delle deportazioni, a volte osservata: non sempre e non necessariamente la deportazione nei KL corrispondeva al motivo dell’arresto o alla gravità delle accuse. In questo senso, inoltre, i rastrellamenti rispondevano a diverse logiche: da un lato miravano a disarticolare e annientare le formazioni partigiane, dall’altro a terrorizzare la popolazione (12 i paesi interamente bruciati) e ad addossare ai partigiani la responsabilità delle rappresaglie, ma anche a garantire «pronta consegna» un approvvigionamento di manodopera coatta per il Reich.

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