Form, Ferroli e Ideal sono i tre punti neri

QUERO VAS. Ancora non è tempo di dormire tranquilli. Ferroli e Albertini spa (ex Form) da diversi mesi stanno togliendo il sonno alle famiglie degli operai che lavorano negli stabilimenti di Alano di Piave e Quero Vas, come anche ai rispettivi sindaci. La situazione più preoccupante riguarda la ex Form: la proprietà ha dichiarato 220 esuberi nei tre stabilimenti di Quero, Turate e Villasanta.
«Quando avevo incontrato i vertici, poco più di un anno fa, si era già capito che uno dei quattro stabilimenti (quello di Cormano) non sarebbe durato a lungo, nonostante il piano aziendale prevedesse zero licenziamenti», ricorda il sindaco Bruno Zanolla, «Quero rimane la fabbrica più moderna per un settore che sta attraversando una fase di ripresa economica. Forse sarebbe stato meglio agire diversamente e non inabissare tutto il gruppo. I lavoratori sono tutti uguali, ma a volte bisogna fare scelte più coscienziose. A questo punto il Ministero dello sviluppo economico dovrebbe prendere per mano la situazione e salvare i siti che sono in grado di camminare da soli».
Per la Ferroli (che produce caldaie da riscaldamento) è in corso un importante piano di ristrutturazione del debito, che però non ha ancora permesso alla ditta di rientrare a pie’ pari nel mercato: «La situazione è pesante e al momento mancano prospettive concrete», afferma Zanolla, «non abbiamo notizie di eventuali futuri acquisti e della possibilità di far ripartire a pieno ritmo la produzione». Anche Ideal ha un concordato in corso per l'assorbimento del debito. Qui però «parliamo di un'azienda modello colpita da avvicendamenti difficili da superare. Il concordato poi ha messo in difficoltà i fornitori, che hanno avuto perdite importanti. Ma pare che anche questo settore (microcomponentistica per occhiali) sia in forte espansione, quindi anche qui serviranno investimenti e progetti nuovi. Spero insomma che si vada nella giusta direzione. La prima cosa da salvaguardare sono i posti di lavoro in continuità aziendale».
Per fortuna che il resto del tessuto produttivo resiste: «I nostri imprenditori sono coraggiosi perché hanno affrontato le difficoltà con investimenti mirati, per evitare la delocalizzazione e la contrazione della forza lavoro. Per questo vanno ringraziati e apprezzati. Ci sono settori più fortunati di altri, come la viticoltura, la distillazione, l'occhialeria, la pressofusione, l'artigianato, la vendita di lampadari. Alcuni stanno anche incrementando l'occupazione per stare al passo con gli ordini. (f.v.)
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