Fagiolo “Mame feltrine” promosso dal Ministero. Semente custodita per oltre 60 anni
Merito del risultato agli agricoltori Diego De Bortoli e Romano Scopel, all’agronomo Stefano Sanson e agli studenti dell’Istituto “Della Lucia”

Importante riconoscimento per il fagiolo “mame feltrine” da parte del ministero dell’agricoltura. A darne comunicazione sono i protagonisti di questo percorso, due agricoltori custodi, Diego De Bortoli di Pedavena che ha custodito per oltre 60 anni la semente e Romano Scopel di Feltre che ne sta promuovendo la coltivazione, nonché Stefano Sanson sia come tecnico agrario sia come insegnante, che per oltre tre anni sta monitorando la varietà e che ha poi predisposto e inoltrato il dossier al Ministero.
Fondamentali in questa attività gli allievi dell’Istituto Agrario di Feltre, che grazie anche al progetto “Bio. Net. del Psr Veneto” hanno collaborato con il loro insegnante nelle fasi di ricerca e monitoraggio. Con il Mame – chiamate così perché hanno il seme a forma schiacciata che ricorda un rene – salgono ufficialmente a cinque gli ecotipi di fagiolo bellunesi, oltre ai Lamon già certificati Igp, quelli riconosciuti e iscritti nell’elenco nazionale dei Prodotti agroalimentari tradizionali, in sigla Pat.
Oltre al fagiolo bala rossa feltrina, al fagiolo bonél di Fonzaso, al fagiolo gialét, alle Mame d’Alpago, dallo scorso 22 maggio con decreto ministeriale si sono aggiunte finalmente anche le Mame feltrine.
Il nome completo della varietà neo-iscritta, stabilito non a caso dai nostri avi, è “Mame scritte bonorive feltrine” che riassume le sue caratteristiche: oltre alla forma del seme, si definiscono “scritte” perché sul colore di fondo bianco del seme ci sono screziature rosso violacee (appartiene infatti alla famiglia dei borlotti), “bonorive” perché maturano precocemente già a metà agosto e “feltrine” per l’area tradizionale di coltivazione.
«Con questa recente iscrizione ci sono oggi in Veneto 390 prodotti agroalimentari tradizionali, quasi 100 quelli bellunesi, così da ribadire la ricchezza in biodiversità e naturalità del nostro territori», questo il commento del professionista Stefano Sanson.
«Resta da fare comunque molto altro lavoro di recupero di altre preziose antiche locali varietà e razze locale, da condurre con rigore scientifico, dalla conservazione alla caratterizzazione e fino alla moltiplicazione dei semi, così da scongiurare pericolosi fenomeni di estinzione o erosione genetica».
Il testimone dovrà passare adesso agli agricoltori locali e seguendo l’esempio di altre risorse genetiche recuperate dall’istituto Agrario di Feltre, come il Mais Sponcio, il Fagiolo Gialét o l’Orzo Bellunese, «trasformare un progetto didattico in un progetto imprenditoriale, così da coniugare la conservazione attiva della biodiversità con lo sviluppo sostenibile del territorio», conclude Sanson.
Che ricorda come esistano localmente molti altri ecotipi di fagiolo, ma quelli elencati «sono dotati una loro precisa e definita integrità e dinamicità genetica, tra i più diffusi e coltivati e grazie a studi condotti con metodo scientifico, sono oggi provvisti di propria distintiva carta d’identità.
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