Emanuele era un agente immobiliare e appassionato di calcio

MEL. L’infanzia nella giovanili della Zumellese, le esperienze da arbitro, una passione smisurata per il calcio. Emanuele Martini è nato a Mel nel 1971. Tre anni dopo è nata la sorella, Martina. Dopo le elementari, frequentate a Mel, aveva scelto di fare le medie a Feltre. Nel frattempo giocava a calcio, con la Zumellese.
«Faceva il centrocampista», ricorda Giuliano Tonon, attuale presidente della Ztll, squadra nata dalla fusione fra Zumellese, Trichiana, Limana e Lentiai. «Non ha giocato per molti anni, solo fino alla categoria Allievi. Poi ha fatto il corso per diventare arbitro e per qualche tempo è stato anche nella dirigenza della Zumellese».
Nel frattempo continuava la sua formazione scolastica. Alle superiori aveva scelto il geometri, iniziato a Feltre, proseguito a Belluno e concluso al Dante Alighieri di Vittorio Veneto, dove si è diplomato.
Aveva 18 anni quando ha conosciuto Merilyn, giovane colombiana che viveva a Lentiai. Un’amica comune li ha presentati e da quell’incontro è nato l’amore tra i due. Merilyn è rimasta incinta presto, dalla coppia è nata una bambina e nel 2004 Emanuele e Merilyn si sono sposati, a Lentiai.
A quel tempo Martini aveva già perso la mamma, morta a seguito di una malattia, nel 2006 è rimasto orfano anche del padre, Ottavio, storico presidente della Zumellese.
Terminata la scuola aveva iniziato a lavorare in un’agenzia immobiliare, ma la crisi piombata in Europa nel 2010 gli ha causato qualche difficoltà. Da qui la decisione di trasferirsi in Colombia, a Cali, con la moglie e la figlia. Un tentativo fatto per vedere se all’estero le cose avrebbero funzionato meglio, dal punto di vista professionale.
Ha provato ad aprire un ristorante, ma il progetto non è andato in porto, nel frattempo si è innamorato di un’altra donna e la prima moglie è rientrata in Italia. Era il 2012. A quel punto Martini ha iniziato a fare vari lavori, come autista, tassista, dipendente in un lavaggio di auto. Nell'ultimo anno aveva lavorato come dipendente in un ristorante italiano: «Ci diceva che lo trattavano bene, che era contento. Lo eravamo anche noi, per lui», racconta la sorella Martina.
Nel 2014 era stato vittima di un’aggressione: un uomo lo aveva picchiato, anche con una pistola, e in quell’occasione aveva perso l’occhio sinistro. Ciò nonostante Martini aveva voluto continuare a vivere a Cali. Fino a mercoledì mattina, quando è stato ucciso in strada, mentre era fermo al semaforo, da due sicari che gli hanno sparato.
«È stato un fulmine a ciel sereno, una notizia che ci ha sconvolti», racconta Debora Lotto, amica della sorella Martina. «Abbiamo più o meno la stessa età, ci siamo frequentati come ci si frequenta quando si è giovani, ricordo che giocava a calcio, che era un vero appassionato. Giocava nella Zumellese, aveva fatto la scuola per geometri, tra Feltre e Belluno».
«Siamo allibiti», aggiunge Floris Vedana, direttore sportivo della Ztll. Non lo conosceva bene, perché ai tempi della Zumellese seguiva soprattutto la prima squadra, mentre lo ricorda meglio il presidente della società Giuliano Tonon. «Era un vero appassionato di calcio», ricorda. «L’ho conosciuto perché era il figlio di Ottavio, che è stato presidente per tanti anni. Lo ricordo come un ragazzo tranquillo, a modo, educato».
Tonon conosce bene la famiglia Martini, perché da medico ha curato entrambi i genitori di Emanuele e Martina. «Quei due ragazzi si sono trovati presto senza i genitori, adesso il destino ha colpito ancora quella famiglia. La notizia ha provocato un profondo dolore nella mia famiglia. Anche per le modalità della morte di Emanuele: violenza e sparatorie sono cose che non rientrano nella nostra vita quotidiana».
«Emanuele era una persona buona, di animo buono, allegro. E la sua morte tragica mi lascia davvero una grande tristezza». L’amico di infanzia Paolo Comel ricorda quei giorni felici in cui con Emanuele Martini passavano le giornate, dopo la scuola, a giocare nel campetto da calcio vicino a casa. «Abitavamo a 50 metri di distanza l’uno dall’altra e non appena potevamo ci trovavamo, insieme con altri amici, a giocare a calcio. Emanuele era davvero un patito del pallone, eravamo tifosi della Juventus».
«Con lui», continua Comel, «ho condiviso praticamente il periodo dalle elementari alle superiori, con lui abbiamo fatto i primi giri in auto. Eravamo molto legati. Poi lui ha intrapreso altre strade lavorative e così ci siamo persi di vista. Da vent’anni non ci vedevamo. Proprio una quindicina di giorni fa ho incontrato la sorella a cui ho chiesto notizie e mi ha detto di essere molto preoccupata per lui, perchè la Colombia non è certo un Paese tranquillo. E poi qualche giorno fa sono venuto a sapere che era morto. Sono davvero dispiaciuto è una vera tragedia».
La notizia ha fatto rapidamente il giro della Valbelluna, e ieri fra Mel e Lentiai non si parlava d’altro.
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