Droni sui prati da sfalciare nel Bellunese per salvare le lepri

L’idea della Provincia per tutelare l’animale, si lavora all’accordo con gli agricoltori. Rilasci in cinque riserve in cui la specie è a rischio e caccia vietata per due anni

Alessia Forzin
Lepre comune o europea
Lepre comune o europea

In cinque riserve di caccia le lepri si sono ridotte di una percentuale che non può essere ignorata. E la Provincia ha dato l’autorizzazione all’immissione di nuovi esemplari, per favorire il ripopolamento, vietando al contempo la caccia all’animale per le successive due stagioni venatorie (fino al 2025). Il provvedimento nasce per tutelare la popolazione di un esemplare che è sempre stato molto diffuso nel Bellunese, ma che è anche preda ambita dai cacciatori.

DRONI PER SALVARE LE LEPRI

A ridurre i numeri sono anche gli sfalci dei prati, perché le lepri amano vivere nell’erba e spesso per partorire si nascondono proprio nei prati. «Quando vengono sfalciati, gli agricoltori non vedono gli animali e molti si perdono in questo modo», spiega il consigliere provinciale delegato alla gestione della fauna selvatica, Franco De Bon.

Per far fronte a questa problematica, la Provincia punta a definire un accordo con gli agricoltori: «Abbiamo acquistato alcuni droni con termocamera, strumenti utili per individuare gli animali dall’alto», continua De Bon. «La proposta cui stiamo lavorando è che gli agricoltori ci avvisino per tempo del momento in cui intendono sfalciare un terreno, in modo da poter passare il giorno precedente con i droni, individuare le lepri (ma anche altri animali selvatici, come i caprioli), prelevarli e permettere così ai mezzi di procedere con gli sfalci evitando perdite alla fauna selvatica».

L’obiettivo è chiudere l’accordo per il prossimo anno: «Il dialogo con gli agricoltori è sempre aperto», precisa De Bon. «Il loro ruolo è fondamentale, perché i prati sono l’habitat ideale per le lepri e molti altri animali, e se vengono abbandonati si rischia l’imboschimento e l’allontanamento di alcune specie».

RIPOPOLAMENTI

L’altro provvedimento varato dalla Provincia riguarda i ripopolamenti. Sono stati autorizzati nelle riserve alpine sotto i mille metri di quota, dove la densità invernale è inferiore a 1 capo/100. Sono quelle di Pedavena, dove saranno immesse 18 lepri europee, Mel (23 immissioni autorizzate), Feltre (10), Sovramonte (10) e Sedico (14).

«La lepre europea è una specie di grande tradizione nel nostro territorio», illustra De Bon. «Fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale era l’unico selvatico presente che dava anche sostentamento alla popolazione in quegli anni difficili».

LA STORIA

La modifica del modo di coltivare i campi, con una minore varietà, ha provocato una prima riduzione del numero delle lepri. A ciò si è aggiunto il fatto che, fino agli anni Settanta, durante la stagione venatoria veniva abbattuto un gran numero di esemplari, che complicava poi la riproduzione. E così si facevano i ripopolamenti, «ma prendendo anche esemplari dalla Polonia e dall’Argentina. Noi abbiamo deciso di cambiare questo approccio, andando a rafforzare la popolazione nelle zone in cui è necessario, ma vietando al contempo la caccia per le due stagioni successive per rinforzare la popolazione».

CONSERVAZIONE

L’obiettivo finale, infatti, è di cessare i rilasci. «Il piano faunistico approvato dalla Provincia prevede delle forme di tutela», conclude De Bon. «Ad ogni stagione venatoria si può prelevare solo una percentuale di lepri, in modo da garantire la riproduzione. Con le reimmissioni e il divieto di caccia per due anni creeremo di fatto delle mini riserve in cui la lepre possa riprendersi e la popolazione possa rafforzarsi».

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi