Drio le rive, il bosco abbandonato
Rifiuti e degrado avanzano. E il terreno frana tra i resti archeologici

FELTRE.
Niente barba, frequentano le scuole superiori o l'università (tutti con un'età dai 17 ai 22 anni) e in questi mesi estivi hanno realizzato uno studio sul bosco Drio le rive. I Giovani democratici - che ieri si sono presentati ufficialmente - chiedono al comune di riabilitare l'area piena di rifiuti, abbandonata alla vegetazione infestante e con il terreno che frana tra i resti archeologici riscoperti di recente. Così non è certo una vetrina turistica impeccabile.
E' un debutto del fuoco quello scelto dai Giovani democratici del feltrino, che hanno istituito una commissione tecnica di approfondimeno sul bosco Drio le rive, parte integrante del progetto Gold ring, il cui obiettivo era «la riqualificazione attraverso il recupero dell'area verde, dei sentieri come collegamento tra i parcheggi di Pra' del Moro e Pra' del Vescovo e il centro città, dei resti archeologici situati sotto il castello e la chiesa di San Rocco». Costo: 450 mila euro. Da questi presupposti parte l'analisi illustrata ieri dal gruppo che vede Michele Barp segretario, Lorenzo Dalla Palma responsabile dei tesseramenti, Davide Dalla Palma tesoriere, Alessandro Del Bianco e Francesco Dalla Balla responsabili della commissione per il bosco Drio le rive. Ma i tesserati sono una ventina, più altrettanti simpatizzanti. A preoccupare è la situazione emersa in seguito ai sopralluoghi e alle rilevazioni dei Giovani democratici, anche con l'aiuto di personale specializzato. «Al di là del degrado, della sporcizia, dell'avanzare della vegetazione», esordiscono, «a far sorgere i nostri dubbi e timori è la condizione di tenuta fisica e strutturale dei resti e dell'area che li circonda, che potrebbe rischiare in tempi brevi (forse basterebbe il prossimo inverno) di compromettere in modo irreparabile sia quanto già scavato sia quanto ancora nascosto». Nella relazione, si denuncia infatti come il pendio dove si trovano i reperti stia franando, «dal momento che la rimozione di ampie cubature di terreno per disseppellirli, sta comportando lo smottamento, almeno parziale del suolo soprastante». In più, «a protezione dei resti portati alla luce nel maggio 2010, questi sono stati coperti con dei teli, che sono quasi tutti lacerati, divelti ai lati o strappati dai loro picchetti. Intanto si è depositata sporcizia e materiale organico della vegetazione circostante. Allarma il rischio di danni causati dal gelo». Eppure, alle entrate del bosco in viale Marconi campeggiano dei cartelli che ammiccano alla curiosità del turista, promettendo un quadro archeologico poi tradito dalla realtà. Lungo la passeggiata si incontra un vasto campionario di degrado ambientale (dai rifiuti, tra cui vetri, bottiglie, ma anche siringhe e sporcizia varia, fino ai lampioni spenti) per arrivare davanti a Porta Valneria, l'ingresso alla galleria del vecchio acquedotto che riforniva d'acqua la cisterna retrostante alle fontane Lombardesche in piazza Maggiore. E' chiusa da un cancello in metallo, con due travi di legno ai lati che la tengono ferma con il filo di ferro. «L'area dovrebbe essere mantenuta nel modo corretto o almeno pulita», concludono i Giovani democratici. «Sarebbe il primo requisito per attrarre eventuali capitali privati».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi
Leggi anche
Video