Dodici robot e uno stabilimento smart: il bellunese Leone conquista Hong Kong

BELLUNO. L’industria 4.0 di Hong Kong parla anche bellunese. Merito di Roberto Leone, imprenditore 49enne che vent’anni fa ha deciso di intraprendere un percorso formativo professionale fuori dai confini nazionali.
Asia, destinazione inizialmente considerata di passaggio. Un’idea cambiata presto di fronte a nuove e sempre più coinvolgenti opportunità lavorative che nel 2013 lo hanno spinto a mettersi in proprio fondando la Nirotech che, otto anni dopo, ha inaugurato, alla presenza del console italiano a Hong Kong Clemente Contestabile, il primo stabilimento di smart production dell’isola. L’azienda ha una cinquantina di dipendenti e un fatturato di oltre 20 milioni di euro.
È stato il diretto interessato, nato a Cortina e cresciuto a Belluno (il papà ha origini calabresi), dove ha studiato all’Istituto tecnico, a raccontare come stanno le cose. «La Nirotech ha dato vita a una nuova linea di prodotti hi-tech denominata Owl (gufo). Come un gufo, infatti, è intelligente, acuta ed agile.
Il nuovo impianto industriale si basa sull’integrazione tra robot. Automazione e interconnessione sono presenti al massimo grado e servono non solo ad aumentare la capacità produttiva e a ottimizzare i costi, ma soprattutto a realizzare prodotti finiti per il settore della meccatronica di qualità superiore, ad altissimo contenuto di tecnologia» .
Dietro l’avveniristico progetto si celano professionalità e lungimiranza di un imprenditore bellunese, Roberto Leone, socio co-fondatore della Nirotech.
Giunto in Asia con la Procond, è passato poi con la padovana Sit, prima di licenziarsi e avere nuova opportunità di lavoro alle dipendenze di un’imprenditrice francese. Poi, nel 2013, la decisione di mettersi in proprio.
«La particolarità della mia storia sta nel fatto che tutto questo l’ho realizzato ad Hong Kong, dove i costi sono tutt’altro che economici. Sono stato tra i primi a credere nello sviluppo del settore hi-tech abbinandolo alla produzione meccatronica in versione smart. Le autorità di Hong Kong stanno investendo fortemente sull’industria 4.0. La prima fase della linea owl è equipaggiata con 12 robot che garantiscono una capacità produttiva una volta e mezza superiore rispetto alle linee tradizionali grazie all’utilizzo di tecnologie avanzatissime. Il tutto in spazi ridottissimi, solo 930 metri quadrati. Questo perché a Hong Kong i terreni liberi sono pochi e hanno costi proibitivi».
Perché tutto questo a Hong Kong e non in Italia?
«Piccola premessa. Quando ho deciso di trasferirmi in Asia, vent’anni fa, pensavo fosse solo per migliorare le mie conoscenze professionali. Ero stato mandato qui per fare esperienza dalla Procond di Longarone. Poi le cose sono cambiate ed oggi per me sarebbe difficile se non proprio impossibile tornare in Italia. Qui esiste un sistema all’interno del quale ci si riesce a muovere in maniera lineare e organizzata, sempre con il supporto e il sostegno delle autorità locali. Nessuno ti lascia da solo nel percorso professionale. Mi sento di poter dire che in Italia le eccellenze sono superiori rispetto a quelle presenti nell’area asiatica, mancano, però, i presupposti per sfruttarle nel migliore dei modi».
Lasciamo da parte la Nirotech e i suoi progetti altamente innovativi nel campo della meccatronica (l’azienda ha sede ad Hong Kong, ma vanta siti produttivi in Cina e Vietnam), come sta vivendo l’area asiatica il rapporto con il Covid 19?
«Anche sotto questo punto di vista la situazione si presenta molto diversa. Nonostante il numero elevatissimo di residenti, Hong Kong ha affrontato l’avvento della pandemia con ordine ed organizzazione. Anche i controlli si sono rivelati da subito efficaci, merito probabilmente degli stessi cittadini, particolarmente abituati alle regole. Qui la mascherina l’hanno sempre utilizzata. Ricordo che quando ho messo piede per la prima volta qui, mi chiedevo di continuo a cosa servisse indossarla. Altro elemento importante nel contrasto al Covid è l’autorevolezza di chi parla spiegando cosa bisogna fare e come comportarsi. A farlo sono in pochi e questo aiuta a mantenere un clima di dialogo su cui fondare le certezze quotidiane». —
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