Dializzati, rischio-multe per le sacche di plastica

FELTRE. Adesso sono sei, ma potrebbero raddoppiare se non triplicare in poco tempo. I pazienti che praticano la dialisi peritoneale, quella che si fa in casa propria, devono poter superare ogni ostacolo per il conferimento delle sacche di plastica realizzate senza Pvc e svuotate di ogni residuo organico che finisce nello sciacquone. Perché adesso succede che gli addetti alla raccolta differenziata contestino a chi conferisce questo materiale nei cassonetti della plastica il fatto che si tratti di rifiuti speciali. Nei giorni scorsi è stata addirittura prospettata una sanzione pecuniaria di diecimila euro per conferimento improprio, quasi si trattasse di un reato ambientale. Dopo l’episodio, i diretti interessati hanno interpellato l’ufficio ambiente del Comune di Feltre. Poiché la dialisi peritoneale non è ancora una pratica diffusa, il quesito tecnico è rimasto in sospeso. Due le alternative proposte: o l’ecocentro oppure il conferimento nel secco. Pronta l’obiezione di chi ha a che fare con almeno cinque sacche da smaltire ogni giorno. Nella calotta del secco forse ce ne stanno tre, senza considerare i costi per ogni apertura con la chiavetta. E nemmeno si può pretendere che chi è già penalizzato dalla necessità di fare la dialisi per sopravvivere, si carichi in macchina decine e decine di sacche per raggiungere l’ecocentro.
Le sacche di soluzione dializzante sono prodotte solo in “biofine”, materiale non Pvc, dalla ricerca tedesca Fresenius, premette il primario Massimo Bertoli. Durante l’incenerimento sono prodotti solo anidride carbonica ed acqua, non acido cloridrico, né diossina o furani, questa la precisazione tecnica. Per assurdo, questi materiali potrebbero addirittura essere usati come combustibili. Ma c’è il discorso del residuo organico che è quello che deve aver messo in agitazione l’addetto alla raccolta della plastica. Nel dialisato, ossia nel prodotto dello scarico peritoneale, non c’è nulla che possa infettare nessuno, altra sottolineatura tecnica degli addetti ai lavori. E se questa dovesse rimanere una preoccupazione, allora è meglio allargare il discorso ai cateteri vescicali o ai pannoloni che nei liquidi organici raccolti magari contengono gli isotopi radioattivi della chemioterapia. L’assessore all’ambiente Addis Zatta promette di interessarsi al caso anche alla luce di un potenziale incremento di pazienti che dovranno sottoporsi a dialisi domiciliare. E il primario Bertoli si impegna a verificare le esperienze di altri Comuni sui conferimenti per essere pronto a confrontarsi sul problema, se tale lo si vuol considerare.(l.m.)
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