«Denunciarono il caporale perché minacciati»

Colpo di scena al processo per le violenze in caserma I testi accusano il comandante. Gli atti alla procura militare
Di Irene Aliprandi
Alla caserma Salsa torna la Bandiera di Guerra accompagnata dal comandante Paolo Sfarra. La bandiera di guerra del Settimo
Alla caserma Salsa torna la Bandiera di Guerra accompagnata dal comandante Paolo Sfarra. La bandiera di guerra del Settimo

BELLUNO. Sono state trasmesse alla procura militare di Verona le testimonianze di Christian Apollo e Cristiano Ferrari, due degli ufficiali chiamati a deporre nel processo a Sergio Ramondetta. Il caporale istruttore, ormai uscito dall’esercito, è accusato di violenza privata, estorsione e violenza sessuale dal gruppo di soldati che doveva addestrare nel luglio del 2010, ma durante l’udienza di ieri non è mancato il colpo di scena.

I testimoni ascoltati dal collegio formato dai giudici Antonella Coniglio, Elisabetta Scolozzi e Cristina Cittolin e dal pm Simone Marcon, non solo hanno negato di aver assistito alle circostanze descritte nelle denunce dei soldati, ma hanno anche raccontato che quelle denunce sarebbero frutto di minacce da parte del comandante della compagnia Marco De Gruttola. In seguito ad alcune lamentele sul comportamento di Ramondetta, pare avanzate dalle mamme di alcuni soldati, De Gruttola avrebbe radunato i soldati nel cinema della caserma Salsa esortandoli a sporgere denuncia contro Ramondetta. Secondo quanto riferito in aula, De Gruttola avrebbe concluso il suo discorso affermando: «Altrimenti vi prendo a calci in culo e vi prosciolgo». Minacce, secondo i giudici bellunesi, da accertare da parte dell’autorità giudiziaria militare.

Dal punto di vista del procedimento in corso a Belluno, le testimonianze di ieri però hanno totalmente ribaltato quanto emerso nelle udienze precedenti. Finora tutti avevano confermato uno o più episodi, accusando Ramondetta di aver tenuto un comportamento totalmente fuori dalle regole. Soldati costretti a masturbarsi, a scriversi sul corpo e sui genitali con pennarelli indelebili, obbligati ad ubriacarsi e a seguire un addestramento inutilmente pesante fino a diventare crudele. Il tutto condito da insulti e umiliazioni continue. Nel giro di una ventina di giorni, Ramondetta si sarebbe macchiato di una serie di reati ai danni dei suoi sottoposti, evidenziando un’esaltazione preoccupante, tale da spingere l’esercito a cacciarlo.

Secondo i due ufficiali ascoltati ieri, invece, Ramondetta (avvocato Alessandro Osler) era sì più “convinto” di altri, caratteristica addebitata al fatto che fosse un alpino paracadutista, ma nessuno di loro ha visto o sentito quanto riferito dai soldati: «Una squadra affiatata che improvvisamente cambiò atteggiamento dopo aver parlato con il comandante». Per gli ufficiali l’addestramento imposto da Ramondetta era normale, identico a quello delle altre squadre e certe lamentele arrivarono da qualcuno «che non era adatto a portare la divisa».

La prossima udienza è fissata per il 10 dicembre.

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