Danta, Selva di Cadore e Cibiana «Qui non siamo a Milano o Roma»

Il gestore dell’Hotel Tre Pini, il venditore di formaggi e l’ideatore dei murales «I nostri sono paesi ad hoc per evitare assembramenti»

DANTA DI CADORE

A Danta di Cadore, 1400 metri, più di un metro di neve incornicia l’Hotel Tre Pini, che, fra l’altro, ha pronto un progetto di ampliamento – con il centro benessere – da far partire non appena cesserà il covid. «Abbiamo prenotazioni, perché i nostri ospiti sono di solito della regione, ma aspettiamo di giorno in giorno le disposizioni da Roma per capire se possiamo accoglierli o no», ci dice Gianangelo Da Pra, marito della titolare. «Il 25 o 26 dicembre possiamo ospitarli o li dobbiamo rimandare a casa? Il personale stagionale possiamo contrattualizzarlo oppure dobbiamo aspettare? Siamo in attesa, anche se questo non è un paese dove si verificano assembramenti».

E i rifornimenti? «Appunto, questa mattina (ieri, ndr) è passato il rappresentante per raccogliere gli ordini di ciò che arriva il venerdì successivo, ma», sottolinea Da Pra, «non siamo nelle condizioni di farci inviare alimenti magari, con scadenza ravvicinata perché ancora non sappiamo che cosa succederà le prossime due settimane. E martedì prossimo è già tardi per eventuali, nuovi ordini».

La neve è stata fresata dal piazzale, quindi il parcheggio è completamente pulito. Il paese si presenta al meglio, con il sindaco Ivano Mattea che ha fatto liberare dalla neve anche le strade interne.

Dall’altra parte della provincia, a Selva di Cadore, Milchhof Agostini, vende i formaggi che produce. La zona arancione avrebbe effetti negativi anche in valle? «Zona arancione? No, zona rossa, purtroppo. Dovrò, se accade, rifare le consegne a domicilio. Che non tengono sul piano dei conti, ma sono un doveroso atto di solidarietà», dice, «come peraltro ho sperimentato nel primo lockdown».

A Selva tante seconde case sono già aperte e la comunità è senz’altro più vivace. «Auguro a noi residenti come pure agli ospiti, che il prossimo Dpcm», aggiunge Agostini, «non costringa queste persone a ritornare ai loro paesi. Gli ospiti sono un’opportunità non un problema».

Ed è quanto, a Cibiana, sostiene anche Osvaldo Da Col, 80 anni, l’ideatore dei Murales. «Dopo l’ultima guerra, Cibiana aveva circa 2 mila abitanti e otto osterie. Oggi ne ha sei volte in meno e un solo bar. Vuol dire che è il paese adatto per evitare ogni assembramento. Capisco la preoccupazione dei nostri Governanti, è anche la mia (la salute dev’essere la priorità massima), però per Cibiana non possono valere le stesse regole di Milano, Roma, anche solo Padova o Treviso».

A passo Cibiana è aperta una frequentata pista di fondo. «Frequentata dagli appassionati del posto e del Cadore, quindi con numeri limitati, assolutamente non a rischio» precisa il signor Osvaldo. Certo, ci sono due rifugi sul passo, entrambi aperti, ma le modalità di sicurezza che qui si praticano sono ancora più severe di quelle di città. —





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