Dai telai settecenteschi nascono i “tapei de strazes”

Viaggio dentro “La collina dei sette ciliegi”, laboratorio dove nascono i tappeti della tradizione di Cortina e Belluno

BELLUNO. La riscoperta di un’antica arte tradizionale per rilanciare un’attività e guardare il mondo da una nuova prospettiva. Varòt e tapei de strazes sono termini che a molti oggi non dicono più nulla, ma che in passato hanno significato grandi telai installati nelle case e lavoro certosino di generazioni di uomini e donne per far nascere da stracci e altri scarti tessili dei tappeti colorati e molto resistenti che alimentavano l’economia famigliare. Da circa quattro anni in via Mezzaterra Elisa Dandrea mantiene viva questa tradizione nella sua bottega “La collina dei sette ciliegi”, un laboratorio di grande fascino, che custodisce due telai molto antichi che Elisa e la sua famiglia hanno restaurato e rimesso in funzione.


«Sono originaria di Cortina», spiega Elisa, «da noi la tessitura fatta in casa e il confezionamento dei tapei de stazes erano tradizioni molto radicate nel territorio, anche di più che a Belluno, dove comunque era normale trovare i cosiddetti varòt nelle case, un altro tipo di tappeto molto resistente tessuto intrecciando stoffe varie e scarti di canapa e che spesso veniva utilizzato in agricoltura per il fieno». I due telai che fanno bella mostra nel laboratorio della “Collina dei sette ciliegi” risalgono al Settecento e, a vederli danzare ad ogni colpo di pedale e a ogni tirata di pettine che Elisa dà sapientemente per organizzare il complicato intreccio di fili, si resta incantanti a veder nascere la trama di un tappeto allo stesso tempo rustico e bello da vedere.

I tappeti della tradizione nella bottega di Belluno


«Tutto è cominciato con mia mamma Lidia che trent’anni fa ha preso un telaietto quasi per gioco, poi un amico di famiglia ci ha regalato quello che aveva nel fienile e da lì un altro signore ce ne ha donato un secondo; entrambi erano molto antichi e li abbiamo restaurati con l’aiuto di mio padre. Io ho studiato all’istituto d’arte di Cortina, con l’indirizzo tessile che oggi, purtroppo, non esiste più, e lì ho imparato a tessere, anche se è stata la grande passione di mia mamma a spronarmi». I tessuti che Elisa utilizza per le sue creazioni vengono dagli scarti delle tintorie che sono raccolti a Mestre, materiali che assicurano una gran varietà di colori per i suoi tappeti: «Proprio a Belluno, durante il fascismo» spiega Elisa «alcune tessitrici confezionarono dei varòt fatti con scarti di tessuti di gran pregio, come la seta, e le loro creazioni ebbero un successo immediato arrivando fino all’alta borghesia milanese dell’epoca. Una volta imparata la tecnica è la qualità degli scarti che rende più o meno pregiato il tappeto».

«Negli ultimi tempi ci sono molte piccole realtà locali che fanno rivivere antiche tradizioni, dall’agricoltura all’artigianato», conclude. «È un bisogno comune di tornare a fare un lavoro compatibile con l’ambiente e con la nostra esistenza». (f. r.)


 

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