«Da due anni ci addestriamo ma c’è ancora molto da fare»

BELLUNO. «Da due anni, insieme al Cai e al Soccorso alpino, all’interno del progetto Sentiero amico, stiamo lavorando per informare e formare i capi scout sulle procedure da utilizzare in montagna. Ma a quanto pare, visti gli episodi degli ultimi giorni, di strada da fare ce n’è ancora molta».
A parlare è Davide Marcuglia, l’incaricato del settore protezione civile dell’Agesci. «D’altra parte, su 23 mila scout iscritti all’Agesci a livello regionale, c’è sempre qualcuno che ancora non ha appreso queste regole».
Marcuglia cerca anche una spiegazione per quanto accaduto domenica sera al gruppo di sette scout mestrini, recuperati dal Suem ad Ospitale di Cadore. «Il gruppo, secondo quanto impone la formazione alla montagna, aveva segnalato la sua presenza nel database che abbiamo istituito e che raccoglie tutti gli accampamenti dei nostri scout. Credo che i ragazzi abbiano perduto il sentiero e che si siano fatti prendere dal panico. Ma come ci hanno insegnato, prima di avventurarsi su strade sconosciute o rischiare su altri sentieri, è meglio chiamare i soccorsi cioè il 118 per farsi spiegare la vicina via d’esodo. In quell’occasione, però, i soccorritori hanno preferito venirli a recuperare. Per quanto riguarda i 12 ragazzi padovani che, oltre a essersi persi, erano anche disidratati, stiamo ancora attendendo di capire cosa sia accaduto. Certo è che la mancanza di acqua non è un fatto da poco».
Il referente regionale promette, che «ci impegneremo ancora di più per migliorare la nostra formazione sia a livello metodologico che tecnico e farla arrivare a tutti i livelli. Crediamo nell’importanza della formazione, specie in montagna, visto che è un terreno delicato. Noi ci crediamo e lavoreremo affinché tutti i nostri associati possano cogliere i frutti di questi corsi di preparazione e informazione: dobbiamo evitare le brutte disavventure che, per fortuna, finora si sono concluse positivamente. Siamo consapevoli che la gestione delle procedure di emergenza sia una cosa delicata, perciò raccomandiamo ai nostri associati che, qualora si trovassero in difficoltà, piuttosto che azzardare da soli percorsi non conosciuti, col rischio di cadere in pericoli maggiori, avvisino le persone esperte, il soccorso alpino, i gestori dei rifugi, o il Cai. Lavoreremo affinché i percorsi siano più strutturati e obbligatori e diventino sempre di più patrimonio di tutti».
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