Così i boschi veneti sono stati distrutti: le foto dal satellite mostrano il disastro

BELLUNO. Chi è andato in montagna in questi mesi, non parliamo di chi ci vive, si è reso conto di persona dello sconquasso provocato nei boschi dalle trombe d’aria di fine ottobre. Quello che si vede è niente rispetto alle immagini dal satellite. La visione da terra è limitata, spesso il disastro è nascosto da cortine di alberi che si sono salvati. . Dall’alto basta un colpo d’occhio per cogliere la vastità della distruzione: il paesaggio è cambiato, la montagna ha perso i connotati di prima, sembra un’altra. La fotointerpretazione delle aree disastrate, di cui forniamo un esempio in questa pagina, è il primo risultato del lavoro di perimetrazione delle aree boschive che la Regione si prepara a consegnare ai Comuni, a integrazione della cartografia esistente. L’ha realizzata il settore “Rilievo e opere agricolo-forestali” affidato a Fabrizio Stella, direttore di Avepa, uno di dirigenti che compongono lo stato maggiore che affianca Luca Zaia nel post-emergenza. Una organizzazione complessa di “soggetti attuatori”.

Gli ettari di bosco distrutti nel Veneto sono 30.000. Il vento li ha trasformati in milioni di metri cubi di legname schiantato. Collocati in posizioni spesso difficili, dove non si arriva con mezzi gommati ma solo con la teleferica. Di proprietà dei Comuni, delle Regole o di privati, che all’inizio cercavano un coordinamento, poi hanno cominciato a muoversi per conto proprio. Fabrizio Stella ha girato come una trottola, da Strasburgo dove ha cercato di capire cosa fanno in Francia, al Trentino che può agire con servizi forestali autonomi, dal Cadore all’altopiano di Asiago, dall’Agordino al Comelico. «Il mio lavoro è perimetrare le zone colpite, calcolare la massa schiantata e mettere a punto uno strumento da offrire agli operatori in loco. Sono loro che conoscono meglio di chiunque altro il territorio. Un disastro di questa portata non era mai accaduto, non esistono modelli. I nostri dati incrociati con i loro piani boschivi consentiranno di semplificare il lavoro dei tecnici, delimitando le particelle forestali da mettere in vendita».
Nella disgrazia non siamo gli unici. Al di là delle Alpi è successa la stessa cosa, ma il Nordest ha un vantaggio: finora è caduta poca neve. In Austria si misura a metri. Penalizza il turismo nostrano ma consente di lavorare nei boschi. «L’emergenza è dichiarata per un anno, ma i boschi vanno puliti entro l’estate», dice Stella. «Non possiamo lasciare le piante schiantate per terra, c’è il rischio che il bostrico, un insetto che attacca l’abete e prolifica da maggio a settembre, si diffonda sulla vegetazione scampata al disastro».
Il presidente Zaia ha predisposto un’ordinanza per nominare i sindaci “soggetti attuatori” e cominciare a spendere anche nei lavori boschivi i 15 milioni stanziati «per l’attuazione dei primi interventi urgenti nel Veneto» dalla Protezione Civile nazionale lo scorso novembre. Consentirà ai sindaci di andare in deroga a decine di norme e sveltire le operazioni.
I Comuni che hanno chiesto questo decentramento sono Pieve di Cadore, Roana, Enego, San Pietro di Cadore, Santo Stefano, San Tomaso Agordino, Gallio, Asiago, Vodo, Borca di Cadore e Cibiana. I rispettivi sindaci «potranno disporre la rimozione degli alberi abbattuti ubicati nel proprio territorio, qualunque ne sia la proprietà (regoliera, comunale o privata) nonché degli alberi di proprietà comunale eventualmente ricadenti nel territorio di altri comuni». Dovranno trasmettere a Stella i dati sulle particelle disboscate, le aste indette, i lotti assegnati, le quantità e il prezzo di vendita. Serviranno come documentazione per ottenere la copertura delle spese dalla Protezione Civile nazionale. Nel frattempo dovranno far fronte con risorse proprie. Sperando che ne abbiano. Mancano istruzioni nel caso contrario. —
Renzo Mazzaro
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