Confindustria Belluno Dolomiti in crisi, lascia anche Jury De Col

L’ex candidato alla presidenza (persa per un voto) si è dimesso dagli incarichi nell’associazione con una lettera di denuncia molto forte a Barbini e al consiglio
VILLA DOGLIONI DALMAS
VILLA DOGLIONI DALMAS

BELLUNO. Non si placa il malumore all’interno di Confindustria Belluno. dopo l’uscita di scena del past president Gian Domenico Cappellaro, di Sandro Da Rold, ex presidente della Piccola impresa, Paolo Montagner proprietario della Pai Cristal e di Massimo Slaviero titolare di Unifarco (tra l’latro quest’ultimo è stato il primo a lasciare la sede degli industriali), adesso è la volta di Jury De Col titolare della Fre Tor srl di Pieve d’Alpago. De Col, infatti, nei giorni scorsi, ha deciso di dimettersi in modo irrevocabile dalla giunta associativa e dalla delega all’innovazione che gli era stata assegnata.

De Col, che un anno e mezzo fa, per un voto ha mancato l’incarico di presidente dell’associazione, nei giorni scorsi ha scritto una lettera sia all’attuale capo Luca Barbini sia a tutti i componenti del consiglio direttivo di Confindustria. Una lettera dura, di cui siamo venuti in possesso, dove denuncia «le rare occasioni e alle volte l’assenza totale di un vero confronto e condivisione sulle scelte del presidente e dei suoi più stretti collaboratori», e lamenta «i metodi utilizzati per l’assunzione delle decisioni». Interpellato su questo documento, De Col preferisce non rilasciare alcun commento, trincerandosi dietro un diplomatico «no comment». La situazione, quindi, è ancora molto calda, anche se voci di corridoio fanno sapere che queste dimissioni sono passate ancora una volta sotto silenzio da parte della giunta e di Barbini stesso.

Nella lettera di dimissioni del titolare della Fre Tor, si legge come in questo anno e mezzo abbia dovuto fare i conti con «divergenze, incomprensioni, contrasti su molte scelte». Inoltre, si legge come «le riunioni dell’organo sono state spesso utilizzate solo per una burocratica presentazione o formale ratifica di indirizzi e opzioni evidentemente discussi e concordati preventivamente altrove. Il dissenso manifestato in più occasioni da me qualche collega è stato il più delle volte stigmatizzato con fastidio, replicato con risposte evasive», lamentando anche «comportamenti arroganti». E proprio di fronte a questi «modi e toni, riscontrati anche durante i lavori del Consiglio, che personalmente no intendo più tollerare e che ritengo distanti da quella che reputo sia la vera e costruttiva natura del confronto che deve caratterizzare la gestione di una comunità tra pari». Espressione quest’ultima che è stata più volte ripetuta dagli altri colleghi di De Col che in questa uscita di scena lo hanno preceduto. Quello di De Col l’ennesimo grido di allarme lanciato al presidente perché faccia riveda la sua politica e che potrebbe non rimanere isolato.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi