Comunione ai conviventi don Lise “apre” su internet

AGORDO. «Due persone sposate civilmente o conviventi more uxorio, se si astengono dai rapporti sessuali, vengono ammesse all'Eucarestia, purché si comunichino fuori dall'ambiente in cui sono conosciute». Su Facebook l'arcidiacono di Agordo, monsignor Giorgio Lise, torna sulla discussione sollevata dall'intervista rilasciata da papa Francesco a “La Civiltà Cattolica”. Un'intervista considerata dai più un momento di apertura da parte del papa ad alcune categorie spesso messe ai margini dalla Chiesa: divorziati-risposati, omosessuali e donne che hanno abortito.
Per monsignor Lise, però, quanto affermato da Bergoglio (con il quale, ammette, «si respira un'aria più fresca, accogliente«) non sarebbe affatto una novità, ma la stessa “verità” («non negoziabile») sostenuta con altre parole dai suoi predecessori. Per evitare confusione, l’arcidiacono ha quindi deciso di precisare sul social network alcune questioni circa l'ammissione o meno ai sacramenti.
Niente comunione per divorziati-risposati civilmente o conviventi. «Chi in coscienza non può accedere all'Eucaristia», spiega don Lise, «sono i divorziati-risposati civilmente e i conviventi more uxorio: hanno messo in piedi una relazione stabile che si pone in contrasto all'insegnamento della Chiesa a cui essi appartengono con il battesimo». Per quanti, invece, pur separati o divorziati, che non stabilizzino un'altra relazione, le porte sono aperte. «I separati e divorziati», chiarisce infatti Lise, «che non pongono in essere un'altra relazione stabile (matrimonio civile o convivenza) non hanno nessuna preclusione (soprattutto se sono vittime nella rottura del rapporto precedente e se, nei confronti del coniuge o dei figli avuti dal primo matrimonio, compiono i doveri di giustizia loro richiesti)».
Porte chiuse, ma finestre aperte. Fin qua, si dirà, niente di nuovo. D'accordo o non d'accordo, questa è la legge tracciata da Santa Romana Chiesa che, così si dice, un buon cattolico deve rispettare.
Monsignor Lise, però, aggiunge una postilla che potrebbe far discutere molti all'interno e fuori della Chiesa. «C'è di più», dice infatti l'arcidiacono, «due persone sposate civilmente o conviventi more uxorio, se si astengono dai rapporti sessuali, vengono ammessi purché si comunichino all'Eucarestia fuori dall'ambiente in cui sono conosciuti».
«La Chiesa non vuole creare scandali». Ipocrisia da parte di una Chiesa che fa entrare dalla finestra quelli che ha appena fermato sulla porta? Per monsignor Lise niente di tutto ciò. E mette subito le mani avanti. «Qui debbo una spiegazione», scrive su Facebook, «perché immagino i sorrisetti. Il motivo per cui viene richiesta l'astensione dai rapporti sessuali non è perché questi siano cosa “brutta” agli occhi di Dio o dei cristiani, ma perché questo atto è esclusivo dei coniugi e dunque, se la situazione canonico-giuridica dei due non è “coniugale”, la conseguenza logica è evidente».
«Il fatto poi di comunicarsi fuori dell'ambiente dove si è conosciuti», aggiunge l'arcidiacono, «non è ipocrisia, ma corrisponde alla preoccupazione della Chiesa di non creare scandali che potrebbero nuocere alla vita delle persone. Pensiamo alle persone di fede semplice e non a coloro che abitualmente praticano lo “sport” del giudizio sugli altri, ritenendosi sempre i migliori».
Gianni Santomaso
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