Commissione d’inchiesta sulla strage del Moby Prince

Una verità che sfugge da quasi venticinque anni. Era il 10 aprile del 1991 quando nel mare davanti a Livorno la collisione tra il traghetto Moby Prince e la petroliera Agip Abruzzo causò la morte di 140 persone tra le quali cinque arsedesi che non ebbero scampo. Da allora le motivazioni della morte di Angelo Fusinato, Gianna Padovan, Agostino e Ivan Saccaro, Antonietta Del Tezzon, non sono mai state trovate in un susseguirsi di scandali, omissioni e depistaggi. Da mercoledì è diventata operativa la Commissione d’inchiesta approvata all’unanimità lo scorso 22 luglio in Senato sulla strage del Moby Prince, il più grave e oscuro disastro nella storia della marineria civile italiana. A guidare l’organismo parlamentare è il senatore Silvio Lai del Pd.
Difficile leggere quali risultati si potranno ottenere. A giocare contro la ricerca della verità, oltre al tempo che è trascorso inesorabilmente, c’è tutta una serie di interessi politico economici che finora ha impeto l’emergere di colpe e responsabilità chiare. Ciononostante i familiari delle vittime e le associazioni che li hanno rappresentati non hanno mai mollato e sperano che questa possa essere la volta buona per arrivare alla verità e chiedere giustizia. A fare male fu soprattutto il ritardo nei soccorsi. Ci volle un’ora e venti per accorgersi che quella che inizialmente sembrava una piccola imbarcazione era un traghetto con a bordo 140 persone.
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