Chiusure a fasce orarie anche Corona è d’accordo

BELLUNO. «Qui da noi, sugli Spalti di Toro-Monfalconi, c’è una strada che sale al rifugio Pordenone, alla base del celebre Campanile di Val Montanaia. Hanno ben messo il pedaggio, ma non serve quasi a niente. È sempre e comunque un bordello. Duecento o trecento auto al giorno. Fosse per me, bisognerebbe chiudere tutte le strade in quota e basta, però mi rendo conto che al mondo ci sono anche gli altri e soprattutto che c’è chi in val Cimoliana sopravvive - non vive, sopravvive - gestendo un rifugio. E allora dico questo: apriamole a ore, le strade delle Dolomiti. Dalle-alle, per permettere ad alpinisti arrampicatori e camminatori di andare alla base delle pareti e all’inizio dei sentieri. Però attenzione: non è facile come sembra. Intanto, se vogliamo fermare le auto in fondovalle o a un certo punto dei passi, servono i parcheggi. Tanti, grandi. Altrimenti non può funzionare. E poi servono le navette coi mezzi pubblici e tanta informazione».
È un vero torrente in piena, lo scultore-scrittore-arrampicatore Mauro Corona. Che dalla sua Erto, in un dialetto stretto che non sappiamo riprendere pari pari, prima cita un detto e poi lo spiega in lingua: «Da noi qui a Erto c’è un modo di dire: l’assurdo dura soltanto tre giorni, poi diventa realtà». Della serie: anche un qualcosa di inusuale, apparentemente inaccettabile, dopo un po’ di tempo diventa se non ben accetto almeno reale. Insomma, ci si abitua. Potrebbe accadere anche con le chiusure delle strade dolomitiche, almeno nei mesi clou di luglio e agosto. «Perché così non si può andare avanti, è una schifezza. Sono stato di recente al Gardena: migliaia e migliaia di automobili, pullman, moto».
È uno uomo schietto, Corona, diretto, non ama i giri di parole e la diplomazia. «Ci si dovrebbe venire un poco incontro», tra le due fazioni, intende. Tra chi capisce la montagna e chi no. Non la dice così, Corona, ma il concetto è proprio questo: «La gente andrebbe educata. Per tanti, troppi, la montagna è un mordi e fuggi. Vorrebbero arrivare fino alla porta del rifugio col loro Suv, entrare, mangiare e bere all’inverosimile e poi scendersene di nuovo a valle sempre con il Suv».
È anche comprensibile, però l’uso dell’auto privata. «Noi amiamo la montagna, ma forse siamo anche più fortunati perché abbiamo più tempo per andarci, magari perché ci abitiamo sotto. Chi viene da lontano o ha meno tempo libero a disposizione... Non possiamo certo negargli di andare sulle Dolomiti».
Chiudere tutto non si può, non sarebbe corretto. Nemmeno continuare come oggi, però. «Siamo arrivati a un livello indegno». Ci si deve venire incontro, rinunciando tutti a una parte di ciò che ci sta a cuore. Qualcuno andrà meno in auto, qualcun altro accetterà di vedere più mezzi motorizzati di quanti gli piacerebbe incontrare. L’apertura a ore piace, a Corona, come al geologo Tozzi. «All’inizio ci saranno un po’di brontolii, del disappunto, ma poi, credetemi, ci si abituerà. L’uomo, col tempo, si abitua».
Lasciare le strade transitabili fino alle 8 o alle 9 del mattino e riaprirle alle 18 o alle 19. «Almeno nel momento clou della stagione estiva, almeno in luglio e in agosto». Solo nei finesettimana pare non basti. Però c’è un però. Anzi, ce ne sono almeno tre. Primo: «Il divieto deve essere spiegato, divulgato, si devono pubblicare gli orari sul web, tutti devono sapere». Non si può partire dalla pianura e arrivare alla base di un passo dolomitico scoprendo che non si può più salire per via dell’orario sbagliato, perché sei arrivato troppo tardi. Soprattutto, «non ci si deve accanire con le multe, con quei vigili asfissianti». Altrimenti si rischia l’effetto rigetto. Poi, secondo passo, ma dovrebbe essere il primo, «si dovranno ricavare dei parcheggi adeguati, perché le auto fermate in una giornata estiva sono migliaia e migliaia, e dove le si fa fermare, se non ci sono posteggi?» Non è un aspetto da sottovalutare, altrimenti tutto il castello non sta in piedi. Infine, serviranno le navette. «Qualcuno dirà: vanno a motore anche quelle. Vero, ma saranno sempre meglio di migliaia e migliaia di auto».
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