Centri commerciali chiusi nei weekend, «Noi negozianti siamo penalizzati»

BELLUNO. Questa volta le regole non valgono per tutti. I negozi che si trovano all’interno dei centri commerciali continuano a rimanere chiusi nei giorni festivi e prefestivi. Dal testo dell’ultimo decreto legge del governo, infatti, sono sparite le riaperture dei centri commerciali nei weekend da metà maggio. Nelle bozze circolate nei giorni precedenti si scriveva che i centri commerciali avrebbero potuto riaprire dal 15 maggio. Ma nel testo definitivo di questa indicazione non c’è traccia. E chi ha un’attività “non essenziale” (ovvero è fuori dall’ambito alimentari, farmacie, edicole, ecc.) deve continuare ad abbassare le serrande il sabato e la domenica. Questa settimana anche venerdì, prefestivo.
Il paradosso è che imprese identiche vengono trattate in maniera diversa: una aperta perché fuori dal centro commerciale, l’altra chiusa perché dentro. E monta la protesta dei titolari delle attività danneggiate dal provvedimento. «Non capiamo perché noi dobbiamo rimanere chiusi e attività come le nostre, ma fuori da un centro commerciale, possa invece giustamente lavorare», dicono le attività del centro Veneggia.
«Ci è stato imposto un numero massimo di persone che possono entrare in negozio», spiega Ivan Schiocchet, responsabile del negozio Sorelle Ramonda. «Quando questo viene rispettato non capisco perché si debba rimanere chiusi». Il fotografo Niki Collet è ulteriormente critico: «Questa settimana devo rimanere chiuso anche venerdì perché è prefestivo, visto che c’è il 1 maggio. È da novembre che tengo chiuso il sabato, la giornata in cui lavoro di più perché arrivano anche clienti da fuori. È una forma di concorrenza sleale perché gli altri fotografi sono aperti e io devo rimanere chiuso perché lavoro in un centro commerciale, che non può comunque essere paragonato ad altre realtà di dimensioni molto più grandi».
«Ogni negozio ha un accesso garantito di persone e noi garantiamo la salute nostra e dei nostri clienti», aggiunge Tatiana Rotelli di Yamamay. «Troviamo un’ingiustizia la chiusura che ci è stata imposta il sabato e la domenica. Sarebbe più giusto che tutti lavorassero indistintamente. Ci sono delle incongruenze sulle decisioni». Senza contare che un cliente che ha un’emergenza potrebbe decidere di rivolgersi altrove. «Nel tempo questo va ad aggravare la situazione», spiega il titolare di Tik Tak 2 Fiorello Pianon. «Quando potremo riaprire il sabato sarà dura. Riportare all’interno i clienti, quando questi hanno preso altre abitudini e altri modi di spendere, sarà come ricominciare da zero».
La conclusione è amara: «Non possiamo paragonare un centro commerciale di Belluno con quelli di Padova o Milano, il bacino di utenza è decisamente inferiore. L’apertura del sabato non fa alcuna differenza sull’affluenza».
Situazione difficile anche al centro di estetica Queen Sun: «Diamo un servizio alla persona e siamo sottoposti a numerosi controlli», rileva la titolare Mara Bassanello. «Lavoro dal martedì al venerdì, il sabato resto chiusa. È una situazione pesante: qui non ci sono assembramenti con le cabine chiuse».
Alcune attività possono lavorare anche il sabato, ma la situazione è pesante anche per loro. «Mi hanno permesso di rimanere aperta, ma se non c’è gente come lavoro?», sbotta la titolare del lavasecco Bolle di Sapone. Liliana Mazzoleni. «Il sabato siamo aperti in quattro qui. Ci sono stati giorni in cui sono rimasta per ore seduta ad aspettare qualcuno. È deprimente, la mattina c’è ancora qualcuno, dalle 14 il nulla».
Anche l’ottico Claudio Bottegal non ha chiuso: «La nostra attività fa parte di quelle che hanno potuto rimanere aperte il sabato, perché forniamo un servizio a chi ha una necessità di tipo sanitario come quello della vista». L’affluenza è però ben diversa rispetto ai periodi normali. —
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