Carrer: «In montagna ci vuole equilibrio»

Il nuovo presidente regionale del Club Alpino parla di nuovi impianti, piste e di pulizia dell’ambiente

BELLUNO. Nuovi rifugi alpini, altri impianti di risalita, ancora cemento ed asfalto in montagna? Francesco Carrer è il nuovo presidente regionale del Cai. Non perde occasione di raccomandare sobrietà nell’approccio con le terre alte. Basta, dunque, con piste sempre più in alto e rifugi magari sempre più a valle?

«Bisogna fare i conti con la popolazione che vive in montagna, con l’economia delle terre altre. Se alcune di queste strutture sono indispensabili (e quindi si va semmai al rinnovo), altre sono eccessive».

No, dunque, a nuove implementazioni? «Bisogna sempre avere equilibrio, misura e sobrietà. Soprattutto in momenti come questi».

Il senso della misura viene raccomandato dagli ambientalisti di Mountain Wilderness, anche per quanto riguarda l’implementazione di croci e monumenti sulle cime. «Consigliamo cautela. L’uomo ha vissuto da secoli in montagna. Ha lasciato tracce di una civiltà, di una storia, di una cultura. Questi segni vanno interpretati per quello che storicamente vogliono rappresentare e comunicare. Rispettarli non vuol dire cancellarli ma non vuol dire neppure confonderli con un eccesso di modernismo e di produzione eccessiva che andrebbe a denigrare o offuscare il segno originale».

Pulizia, dunque, degli abusi. Pulizia anche delle pareti da scalare? Sempre MW sostiene che è insopportabile la ferramenta lungo gli itinerari di arrampicata. «Con gli amici di Mountain Wilderness concordiamo sul principio del rispetto della montagna. Anche nel nostro dna, nella nostre carte statutarie, nei regolamenti, il rispetto vale a tutto campo. Rispetto come approccio. Rispetto come come integrità ambientale. Quindi assolutamente mai forzare con l’uso di tecnologie impattanti. Mai forzare con la segnaletica eccessiva ma studiare sempre la sicurezza, quello che è necessario ma mai eccessivo».

Mountain Wilderness suggerisce la tecnologia al posto dei vecchi chiodi. «D’accordo. Ma stiamo attenti che la tecnologia nuova non si risolva in un pericolo. Notiamo, infatti, che a mano a mano che si evolve la tecnologia, aumenta anche il senso della falsa sicurezza. La tecnologia deve essere un aiuto ma non può essere sostitutiva. Non è uno strumento che mette a riparo dai pericoli. La cultura, la conoscenza, l’esperienza, la gradualità e il rispetto sono e restano condizioni basilari di partenza per qualsiasi avventura in montagna sia nella veste estiva che invernale. Il nostro background è questo. La cultura della montagna come approccio graduato e la tecnologia ben venga se riesce a migliorare ma non è sostitutiva mai».

Di sicurezza, in montagna, ce n’è sempre meno. Anzitutto per una questione culturale, che riguarda il superamento dei vincoli, per ogni aspetto della vita. «Noi sosteniamo la frequentazione della montagna a tutti i livelli, in tutte le stagioni ma al primo punto ci sta sempre la cultura della sicurezza. La montagna è bella e meravigliosa ma bisogna saperla affrontare con competenza. Oggi le nuove tecnologie consentono di migliorare il livello della sicurezza ed i progetti che sono raccolti sotto questo titolo attraversano anche le nuove frontiere e si proiettano verso il futuro con modalità di frequentazione più ampie, più duttili, più adattabili all’ambiente ma sempre con il principio della sicurezza». (f.d.m.)

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