Carabinieri, ricordati a Belluno i caduti di Nassiriya
Cerimonia al monumento di via Dante con il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Enrico Pigozzo, e i militari dell’Arma in congedo

I caduti di 19 anni fa nell’attentato alla base Maestrale di Nassiriya sono stati ricordati con una cerimonia celebrata al monumento di via Dante a Belluno che li ricorda. Erano le 10.40 del mattino, le 08.40 in Italia, quel lontano giorno del 12 novembre 2003, quando in Iraq l’attentato contro la base italiana sede del reggimento Msu (Multinational Specialized Unit) provocò 19 vittime. Un camion cisterna, carico di esplosivo, fu lanciato a grande velocità contro la base italiana, e tra i caduti, ci furono 12 carabinieri. Altri 15 militari dell’Arma rimasero feriti, unitamente a 4 militari e un civile.
Questa mattina, al momento di via Dante, si sono ritrovati i carabinieri di Belluno insieme ai membri dell’Associazione nazionale carabinieri e all’assessore alla Cultura e alla Sicurezza, Raffaele Addamiano, in rappresentanza del sindaco di Belluno.
Una cerimonia semplice e raccolta, con la deposizione di una corona da parte dell’Associazione nazionale carabinieri e le note del silenzio per rendere omaggio a chi ha perso la sua vita nell’adempimento del dovere.
«Ricordare i nostri fratelli caduti in un Paese lontano, mentre tentavano di riportare la pace e la stabilità, è un nostro dovere morale», ha detto il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Enrico Pigozzo, «e ricordando loro ricordiamo anche che ancora oggi molti nostri militari rendono orgoglioso il nostro Paese prestando servizio in aree del mondo lontane dalle loro case, dai loro affetti, per aiutare popoli che soffrono la mancanza della sicurezza, un diritto che noi consideriamo quasi scontato, ma che per molti è ancora vissuto come una speranza».

Sono effettivamente molti i Paesi in cui operano i carabinieri, si sottolinea dal comando provinciale dell’Arma, in missioni sotto l’egida della NATO, dell’Unione Europea o dell’Onu, promuovendo un modello tutto italiano di stabilità, che è riconosciuto all’estero con l’espressione “stability policing”. Ma sono anche molte le attività di cooperazione bilaterale che impegnano l’Italia e l’Arma sul fronte avanzato della sicurezza. Dal Mali al Niger, dal Kosovo all’Iraq, i carabinieri svolgono infatti compiti non solo di polizia militare in favore dei contingenti delle forze armate italiane, ma sono sempre più spesso impegnati nell’addestramento, nel mentoring o advising in favore delle forze di polizia di molti Stati, sia per le attività di mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica, di tutela della salute e dell’ambiente o per la creazione di capacità specialistiche, sia per la formazione sul rispetto dei diritti umani o della parità di genere.
Si tratta di un impegno che si affianca al rischioso compito di tutela della sicurezza di tutte le sedi diplomatiche nel mondo, ove i militari dell’Arma sono presenti anche con assetti specializzati della seconda Brigata mobile. Insomma, compiti di polizia esecutiva, polizia di rafforzamento, military diplomacy che molti magari non conoscono ma che – ha detto il colonnello Pigozzo – «rappresentano una parte importante di quello strumento di prevenzione avanzata che consente ai nostri concittadini un’ampia cornice di sicurezza».

«Il complesso scenario internazionale, l’instabilità diffusa in molte aree del globo, richiedono un elevato livello di professionalità», ha aggiunto il comandante provinciale dei carabinieri di Belluno. «La proiezione della stabilità si collega alla capacità di esportare all’estero un modello tutto italiano di fare polizia, quello dei carabinieri, una formula che esercita forte interesse internazionale, in virtù della capacità di coniugare tradizione e modernità in maniera assolutamente aderente alle esigenze dei Paesi ove operiamo, puntando su capisaldi quali la valorizzazione della natura di forza di polizia a statuto militare dell’Arma, la capacità di operare anche in scenari complessi garantendo flessibilità di impiego e il costante rispetto dei diritti umani fondamentali, l’attitudine a essere impiegati nei diversi settori del tessuto sociale ed in tutte le fasi della gestione delle crisi, per il perseguimento di obiettivi di stabilizzazione di medio-lungo termine. Ma prima di tutto l’essere “polizia di prossimità”, ovvero operare perpetuando, anche fuori dai confini nazionali, quello spirito di servizio e vicinanza alle popolazioni che da sempre caratterizzano l’operato dei carabinieri».
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