Canne fumarie, un incendio al giorno

BELLUNO. «Da novembre a marzo siamo costretti a fare anche 140/150 interventi per incendi causati dalla canne fumarie, i cosiddetti “incendio camino”. In media uno al giorno». Mauro Luongo, comandante provinciale del vigili del fuoco di Belluno, analizza quello che è un problema annoso e ormai costante nel tempo. «Le cause derivano fondamentalmente da un'errata realizzazione delle stesse canne fumarie e dalla scarsa manutenzione nel tempo. Capita di trovare, ad esempio, semplici tubi di lamiera che passano, senza alcuna protezione, attraverso solai e tetti in legno. Non sono strutture coibentate e quindi, con il semplice surriscaldamento, possono scatenare il principio d'incendio. Oppure, anche in edifici di recente costruzione, ci troviamo di fronte alla non perfetta connessione fra un elemento e l'altro della canna fumaria. Vi sono poi anche impianti realizzati, invece, a regola d'arte, ma purtroppo tenuti in pessimo stato, per mancanza di manutenzione, di attenzione e di cura».
E proprio sulla manutenzione si sofferma con insistenza il comandante Luongo. «Se non si provvede periodicamente alla pulizia», prosegue, «spesso si ha un accumulo di fuliggine, delle parti incombuste, del particolato, che rischia di prendere fuoco ed essere il veicolo della propagazione dell’incendio; oppure causa della deformazione dello stesso camino, che si può anche crepare. Da lì parte l'incendio che poi interessa tutta la copertura».
Circa il 40% di questi episodi coinvolge poi la struttura della casa, con danni di notevole entità. Il comandante ricorda a questo proposito quanto accaduto, nel dicembre scorso, alla Villa Castrodardo a Castion, dove i pompieri sono stati occupati, dopo lo spegnimento dell'incendio, nella messa in sicurezza degli affreschi e degli stucchi di quella storica dimora. Il lavoro su questo fronte è dunque intenso («ci è capitato anche di annotare ben tre uscite in una sola giornata a causa degli incendi camino», conferma Luongo) per il corpo provinciale dei vigili del fuoco, che è attualmente composto da 210 addetti sui 240 che sarebbero nella pianta organica. Il comandante non si sofferma più di tanto, però, sulla carenza di organico di almeno trenta unità; preferisce piuttosto sottolineare come, per fortuna, il comando possa contare anche su un nutrito numero di volontari, almeno 350 nelle 25 sedi di distaccamento, da Arabba a Selva di Cadore, Caprile, Canale d'Agordo, tutto il Cadore, da San Vito a Padola e Dosoledo, in Comelico Superiore, da Lorenzago fino alla caserma di Alano-Quero-Vas. «Una fondamentale rete di risorse aggiuntive», sottolinea Luongo, «che ci consente di raggiungere prima le zone colpite da incendio e di intervenire quindi con maggiore tempestività. Un aiuto fondamentale e mi preme ringraziare pubblicamente questi volontari per l'impegno, la dedizione, le capacità che hanno sempre saputo dimostrare nei loro interventi».
Per quanto riguarda, poi, le strutture pubbliche, in particolare gli alberghi e le attività ricettive, Mauro Luongo ribadisce l'importanza della formazione, della preparazione e dell'addestramento in funzione antincendio. «Al di là della normativa, che è precisa e stringente, la sicurezza è soprattutto un problema di gestione. Notiamo che spesso anche le strutture più moderne e avanzate denotano, nel momento dell'evento infausto, carenze nella gestione dell’emergenza. Anche gli accorgimenti tecnici più innovativi, a questo punto, servono a poco se non si aiutano ad esempio i clienti ad evacuare in maniera veloce in caso di necessità».
L'appello dunque è ad operare un salto culturale, «che sia ben compreso e interpretato dal vertice (proprietari e direzioni delle strutture ricettive) e poi attuato dal personale che si trova a operare in concreto, e che deve essere messo in condizione, anche attraverso le previste esercitazioni, di muoversi in maniera adeguata».
@vietinas
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi