Benzinai in guerra «Le spese del Pos ci faranno chiudere»

Protestano i titolari delle 86 pompe della provincia  «I margini di guadagno diventano sempre più risicati»
Un distributore di benzina fotografato il 2 gennaio 2012 a Pisa. .ANSA/FRANCO SILVI
Un distributore di benzina fotografato il 2 gennaio 2012 a Pisa. .ANSA/FRANCO SILVI

BELLUNO. Con l’introduzione dell’obbligo della fatturazione elettronica, raddoppiano i costi delle operazioni con il Pos per i getori dei distributori di benzina. «La norma», dicono in coro, «deve essere rivista, altrimenti siamo destinati a chiudere».

«Per i gestori degli impianti», precisa Carlo Buratto, presidente dei Gestori impianti stradali carburante di Confcommercio, «la riduzione del contante corrisponde a una diminuzione dei rischi dovuti a furti e rapine. L’uso della moneta elettronica, inoltre, garantisce la tracciabilità in ottica della sicurezza sull’origine del denaro. Sicurezza che interessa a tutti gli operatori del settore».

Ma l’aumento delle operazioni tramite moneta elettronica, obbligatorie per legge, invece che rappresentare un’opportunità per il settore, sta diventando un costo per i benzinai.

«Il prezzo finale dei carburanti è composto per circa il 97% dalle accise, dall’Iva e dal ricavo industriale lordo delle compagnie petrolifere. Nonostante ciò, gli operatori di gestione delle carte di credito e debito hanno modificato i rapporti contrattuali con i benzinai, aumentando vertiginosamente i costi precedentemente addebitati», dicono i gestori delle pompe di carburanti.

Il rialzo del costo delle carte di credito e della gestione dei Pos «fa sì che arriviamo a pagare anche 1.500 euro al mese per questi meccanismi e nessuno di noi può permettersi simili spese», precisa Buratto. «Questa somma va a pesare fortemente sui nostri redditi, visto che noi guadagniamo la miseria di 2,5 centesimi di euro al litro. Se si aggiungono anche queste spese fisse, rischiamo veramente di chiudere».

Il malcontento nella categoria dei benziani è alle stelle, visto che tutto questo arriva dopo anni di crisi economica, che sembra non avere più fine. A a livello nazionale si parla di blocco delle pompe di carburante, ma Buratto prefereisce prendere tempo: «Abbiamo chiesto di rinviare l’entrata in vigore di questa norma prevista per luglio. Speriamo che il nuovo governo ci venga incontro».

Nel frattempo la situazione in provincia per le pompe di benzina è critica. «Ai tempi d’oro nel Bellunese c’erano 240 impianti, oggi invece se ne contano 86, praticamente due su tre sono stati smobilitati», sottolinea con rammarico il presidente di categoria di Confcommercio.

E di questi 86, pochi lavorano in maniera continua: «Sono quelli posti in posizioni strategiche come i distributori di Fonzaso, Perarolo, Sedico, Longarone e un paio a Belluno capoluogo. Ad andare poi per la maggiore sono quelli definiti “ghost”, cioè senza il benzinaio, dove l’utente si arrangia da solo e c’è presente un controllore che interviene soltanto in caso di necessità. Per quelli gestiti direttamente da un titolare, la situazione è ancora più pesante. Come si vede, di fronte a questo quadro, aumentare ancora di più i nostri costi, significa impedire di riprenderci dopo una crisi che ci ha schiacciati. Speriamo che chi di dovere comprenda la gravità della situazione».



Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi