Belluno, controllo antidroga in treno: tenta la fuga e lo multano, il ricorso è un boomerang
BELLUNO. La polizia lo stava aspettando. Una fonte confidenziale della Polfer di Belluno l’aveva segnalato a bordo di un treno in arrivo da Treviso con della droga addosso. Denis Polacco avrebbe potuto cavarsela con pochi soldi di multa per non aver fornito le proprie generalità e aver tentato la fuga, ma ha deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, di conseguenza il conto si è impennato parecchio per le spese processuali.
Il 28 novembre di cinque anni fa Polacco stava arrivando in una città, che non è la sua, ma nella quale ha collezionato una serie di reati predatori con relative condanne. Qualcuno aveva informato la polizia ferroviaria del fatto che deteneva delle sostanze stupefacenti e si era premurato di fornire anche una descrizione. Quando l’uomo è sceso dal convoglio, è stato avvicinato da un agente, che gli ha chiesto i documenti. Non solo non li ha favoriti, ma ha anche cercato di svignarsela, salvo poi essere catturato. Portato in tribunale per rifiuto di fornire le proprie generalità, è stato condannato alla pena di 200 euro di ammenda.
Storicamente difeso di fiducia dall’avvocato Giorgio Gasperin, ha deciso di andare in Cassazione, sostenendo che le dichiarazioni del confidente, quindi anche dell’agente della Polfer non fossero utilizzabili e che nessuno gli aveva illustrato il motivo del controllo in stazione. In più lamentava il fatto che non gli fosse stata applicata la particolare tenuità del fatto, con sentenza di non doversi procedere. La suprema corte gli ha risposto che entrambi i motivi erano infondati, rigettando il ricorso e facendogli pagare le spese processuali.
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