Bagolan, quando la chirurgia è umanità

Il luminare feltrino coordina l’équipe del “Bambin Gesù” di Roma che si occupa di casi pediatrici complicatissimi
FELTRE. Il feltrino Pietro Bagolan è una delle pietre angolari del Bambin Gesù, ospedale che fa capo alla Santa Sede la cui mission è quella umanitaria per la presa in carico, chirurgica e riabilitativa, dei casi più drammatici, come la separazione di gemelli siamesi provenienti dal sud del mondo. Pietro Bagolan, responsabile di Chirurgia Neonatale dell’ospedale pediatrico “Bambino Gesù” di Roma dal 1997 e coordinatore del dipartimento di Neonatologia Medica e Chirurgica dall’aprile 2004, è assurto anche di recente agli onori della cronaca nazionale per l’intervento complesso, in équipe multispecialistica (di cui è stato soggetto comprimario), di separazione di due gemelline siamesi provenienti dal Burundi che fra qualche giorno compiono i sette mesi di vita. Questo intervento ha preceduto di poco la separazione di due sorelline del Maghreb. Le due sorelle del Burundi, posizionate schiena contro schiena, erano unite per la zona sacrale. L’intervento di separazione è durato dodici ore e si è concluso con successo. In camera operatoria si sono alternate quattro diverse équipe per un totale di circa 25 persone, coordinate da Pietro Bagolan.


Il percorso clinico e chirurgico delle neonate burundesi rientra nell’ambito delle attività umanitarie dell’ospedale pediatrico della Santa Sede. Negli ultimi due anni i casi pro bono (interamente a carico del Bambin Gesù) sono stati circa un centinaio provenienti dai Paesi di tutto il mondo. Ma dietro e oltre l’aspetto tecnico, c’è tutta una preparazione anche per il “dopo” a dimissione avvenuta, quando i bambini tornano al proprio paese d’origine e dove è difficile trovare un centro attrezzato per la continuità di cura. Resta il fatto che la mortalità dei gemelli siamesi che così nascono, in assenza di diagnosi prenatale e di possibilità di interrompere la gravidanza, si attesta sul 75 per cento, se non viene fatto l’intervento di separazione. In India, ad esempio, spiega il direttore Bagolan, l’incidenza di siamesi è di uno ogni 3500/4000 concepiti. «E in India, soprattutto, questi casi disperati vengono sfruttati a fini di lucro come fenomeni da baraccone».


La separazione di bambini già nati riduce drasticamente la mortalità. Resta il problema della qualità della vita, in Paesi dove non possono essere garantiti, in maniera adeguata, la medicalizzazione e il ricorso a cure specifiche.


Professor Bagolan, che decorso hanno i bambini sottoposti a interventi come questo e quanto possono rimanere monitorati dall’ospedale prima di essere reimpatriati?


«Il monitoraggio, o “follow-up”, è parte importantissima della buona riuscita finale dell’intervento di separazione delle due gemelline. In questo caso le bambine dovranno essere monitorate almeno fino ai cinque, sei anni di età. Stiamo valutando, insieme all’ambasciata italiana in Burundi, come si possa limitare al massimo il rientro delle bambini in Italia. Credo però che sarà opportuno rivalutarle almeno ogni sei, massimo nove mesi nei primi tre anni, successivamente almeno una volta l’anno».


Che tipo di indicazioni terapeutiche vengono date ai genitori
? I paesi di origine, con i rispettivi ospedali o centri di cura, sono in grado di assolvere alle prescrizioni?


«Alla mamma verranno trasmesse tutte le manovre assistenziali e le possibili cure (anche farmacologiche) necessarie, nell’ambito naturalmente delle sue competenze. Tali cure devono essere saltuariamente aggiornate, in parallelo con la crescita delle bambine. Oltre alle cure di cui su farà carico la mamma, ci sarà bisogno anche di accertamenti volti a prevenire possibili problemi legati alla patologia di base e all’intervento che si è reso necessario e possibile. Cito a titolo di esempio programmi fisioterapici per gli arti inferiori o procedure diagnostico-terapeutiche volte a rendere ottimale la continenza urinaria e ano-rettale, ove ne emergesse la necessità».


L’ospedale Bambin Gesù esercita un monitoraggio a distanza per cinque anni (o più o meno) dall’intervento di separazione, per verificare le condizioni cliniche dei piccoli pazienti e le condizioni di proseguimento delle cure nei paesi, in via di sviluppo, di cui sono originari?


«L’ospedale, noi nello specifico, saremo garanti e faremo tutto il possibile per continuare a seguire Adrienne e Francine fino al momento in cui riterremo sia necessario farlo. Cercheremo di superare le problematiche logistiche ed economiche con l’aiuto delle molte persone che già si sono mostrate sensibili oltre che con l’aiuto e la disponibilità del nosocomio di cui facciamo parte».


Che tasso di morbilità e mortalità si registra a distanza dell’evento chirurgico?


«Qualsiasi intervento chirurgico, specie se volto a correggere una malformazione congenita, comporta un certo grado di rischio di morbilità e di alterata funzione a distanza. Nel caso specifico delle due gemelline, gli ambiti che saranno da tenere sotto attento controllo e monitoraggio sono quelli neuromotori e neurocognitivi da un lato e quelli della corretta funzione (continenza) ano-rettale e vescicale dall’altro. Nel caso specifico delle gemelline non riteniamo che possano esserci complicanze tali da mettere a rischio la loro sopravvivenza ma eventualmente la loro qualità di vita futura».


Laura Milano


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