Assolto dalle accuse di maltrattamenti

AGORDINO. Non vi furono maltrattamenti, semmai sporadici episodi di ingiurie e percosse, che per tardività della querela sono cadute. Per questo motivo Simone Antonio C., classe 1979, sardo d’origine,...

AGORDINO. Non vi furono maltrattamenti, semmai sporadici episodi di ingiurie e percosse, che per tardività della querela sono cadute. Per questo motivo Simone Antonio C., classe 1979, sardo d’origine, residente all’epoca in Agordino è stato prosciolto dai reati contestati. L’imputato è stato assolto anche dall’accusa di aver abbandonato il tetto coniugale facendo mancare a moglie e figlia gli alimenti. Respinta la richiesta di risarcimento di parte civile, chiesta dalla moglie dell’imputata (assistita dall’avvocato Laura Vittoria De Biasi) che chiedeva complessivamente 14.000 euro.

Eppure, alla vigilia del processo, iniziato nel maggio del 2011 le contestazioni erano pesantissime. Simone C. era accusatod infatti di aver sottoposto la moglie a maltrattamenti, anche in presenza della figlia minore, consistiti in botte, ingiurie e minacce, e di non aver provveduto agli obblighi di mantenimento di moglie e figlia dopo la separazione. I fatti sarebbero successi in Agordino tra l’autunno del 2009 e l’ottobre 2010.

Nel corso della requisitoria, il pubblico ministero aveva chiesto, invece, la condanna a 14 mesi di reclusione, ritenendo provati, in aula, i reati contestati. In realtà, il difensore dell’imputato, l’avvocato Cason, ha dimostrato che i presunti maltrattamenti erano episodi sporadici ed occasionali e non costituivano prevaricazione; anzi, era stata la moglie, in un’occasione, come dimostrato in aula, a scrivere al marito “ti amo, ti voglio bene...”. Per quanto riguarda l’altro reato, quello di inottemperanza degli obblighi di assistenza familiare, il difensore ha dimostrato che l’imputato in quel periodo era andato in Sardegna dopo essere stato cacciato di casa dalla moglie come dimostra il contenuto di un sms “vattene via da casa...”. Non aveva dunque abbandonato il tetto coniugale. Infine, essendo disoccupato e dovendo per sopravvivere ricorrere all’aiuto della madre e della sorella, non poteva certo versare gli alimenti alla moglie. Da qui l’assoluzione.

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