Arriva don Mariano: a Tai e Nebbù ritorna il parroco dopo sette anni

Un parroco cadorino per le parrocchie San Bartolomeo di Nebbiù e San Candido di Tai. Don Mariano Baldovin, attualmente arciprete a Canale d’Agordo e a Vallada, torna praticamente a casa, essendo originario di Lozzo di Cadore. Prima di Canale d’Agordo, aveva svolto il ruolo di parroco prima ad Auronzo e poi, per otto anni, a San Vito. Il suo ingresso avverrà a settembre.
Una buona notizia
Sono sette anni che Nebbiù e Tai sono privi del loro parroco. «Considero l’arrivo di don Mariano un dono del cielo», sottolinea l’arcidiacono monsignor Diego Soravia. «È dal 2012,dopo il ritiro di don Flavio Del Longo, che le due parrocchia non hanno il parroco. Sia don Enrico Roncaglia che don Giuseppe Genovese, sono stati amministratori parrocchiali, non parroci. Per questo motivo mi auguro che le due comunità riescano a preparare una degna accoglienza. Don Mariano se lo merita». Come detto, le comunità di Nebbiù e Tai di Cadore sono state bersagliate da avvenimenti particolari negli ultimi anni: prima l’abbandono da parte del domenicano don Enrico, poi la malattia improvvisa di don Giuseppe, che hanno obbligato la curia a inviare sacerdoti provvisori per la celebrazioni religiose.
Parla don Mariano
«Essere stato nominato parroco di Tai di Cadore e Nebbiù mi fa tornare a casa», sottolinea don Mariano Baldovin. «Su 31 anni di sacerdozio, i primi venti li ho vissuti in Cadore, ad Auronzo e San Vito, è evidente che i legami che si sono creati e il “richiamo” della terra natia, fanno sì che il sottoscritto torni volentieri in quella che l’Arcidiacono Marinello amava definire “la nostra piccola patria”. Torno dopo la serena esperienza vissuta in Valle del Biois, nelle parrocchie di Canale d’Agordo e Vallada Agordina, terra di gente buona, semplice, della quale Albino Luciani, il futuro Giovanni Paolo I, è stato la più genuina e luminosa espressione. I nuovi mandati che oggi noi preti riceviamo nei vari passaggi da una comunità a un’altra sono orientati a un ministero vissuto nella comunione e nella corresponsabilità. Comunione e corresponsabilità anche tra le tante persone che amano e servono le nostre parrocchie; siamo chiamati a stimarci e volerci bene, mettendo insieme i doni che il Signore ha posto in ciascuno per l’utilità comune. E le parrocchie cadorine hanno una lunga tradizione di laici ancorati alle loro comunità cristiane, delle quali custodiscono le più genuine tradizioni, ponendosi pure davanti alle nuove sfide dell’evangelizzazione con generosa disponibilità e fantasia. È questo il cammino che desidererei iniziare a Tai e Nebbiù, facendo tesoro di ciò che è la loro storia e la loro fede: comunità inclusive, dove ci sia spazio per tutti, senza preclusioni, dove si assottiglino sempre più gli “spettatori” mentre aumentano gli “attori” della vita parrocchiale. Tai e Nebbiù hanno offerto alla Chiesa belle figure di sacerdoti, anche di recente; sono certo che un posticino di affetto ci sarà anche per il parroco che sta per arrivare. Programmi al momento non ci sono, li faremo insieme, dopo esserci conosciuti ed aver riscontrato i veri bisogni delle nostre due comunità. Un impegno, tuttavia, ritengo non dilazionabile: mettere il Signore avanti a tutto e a tutti, essere e divenire sempre più comunità di autentica preghiera, strettamente unite a Lui, tralci fecondi perché innestati nella vera Vite, i cui frutti siano per tutti dono di consolazione e speranza».
Il benvenuto
«È un grande organizzatore», spiega Gianpietro De Vido, ex sindaco di San Vito, che lo ha conosciuto nel 2000. «Nelle sue azioni ha sempre coinvolto tutto il paese». Contento anche Osvaldo De Lorenzo, che lo ha conosciuto da giovanissimo: «Di carattere riservato, ha molto rispetto per la famiglia. La nostra parrocchia ne ha proprio bisogno». Una testimonianza arriva anche da Luigi Chiamulera, che lo ha conosciuto a Canale: «Mi ha fatto un’ottima impressione. È in grado di parlare con la gente, specialmente con il bambini». «Speriamo arrivi presto, in questi anni ci siamo sentiti abbandonati e abbiamo bisogno di una persona che sappia prendere in mano le redini», dice Emilio De Bettin di Tai. —
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