Archiviata l’inchiesta su Zornitta

Il sollievo dell’ingegnere: «E’ finita, temevo un colpo di coda»
BELLUNO.
Temeva un colpo di coda, un imprevisto di qualunque tipo che all’ultimo momento l’avrebbe rigettato nell’incubo: Elvo Zornitta, l’ingegnere bellunese unico indagato nell’inchiesta sugli attentati attribuiti a Unabomber, da oggi può tirare un sospiro di sollievo. Lui, che a causa del misterioso bombarolo del Nordest, ha perso il lavoro, la serenità e un mucchio di denaro, da ieri, ufficialmente, con Unabomber non ha proprio più nulla da dividere. Lo aveva già sostenuto il sostituto Procuratore di Trieste, Federico Frezza, ultimo di una schiera di magistrati che in circa 15 anni di sono occupati di Unabomber. Il 30 dicembre Frezza aveva formalizzato la sua richiesta di archiviazione del procedimento contro Zornitta per mancanza di “elementi sufficienti per sostenere l’accusa in giudizio”.


 Ieri il Gip di Trieste, Enzo Truncellito, ha accolto quella richiesta e ha firmato il decreto di archiviazione: anni d’indagini, più di venti magistrati di quattro Procure, decine di investigatori, un intero pool interforze, non sono riusciti a dare valore di prova a quelli che si sono dimostrati essere semplici sospetti nei confronti di Zornitta e che, come tali, valgono assolutamente nulla in un’aula di giustizia. Anzi, quella che doveva essere la prova regina contro l’ingegnere friulano (un lamierino trovato in un ordigno inesploso con le tracce lasciate da un paio di forbici di Zornitta), si è trasformata nella chiave di volta del suo proscioglimento: c’è l’ipotesi che il lamierino sia stato manomesso da uno degli investigatori, Ezio Zernar, proprio per incastrare Zornitta.


 Ora che «è finita per davvero», per usare le sue stesse parole, Zornitta non nasconde la sua soddisfazione. Ricorda «il calvario di questi anni»; ringrazia la moglie e la figlia, gli avvocati Maurizio Paniz e Paolo Dell’Agnolo che lo hanno assistito; dice che «finalmente è arrivato il momento di aprire una bottiglia di spumante che da troppo tempo aspetta in frigo», ed esprime un solo desiderio: quello di tornare ad avere un lavoro adeguato alla sua preparazione professionale e alle sue qualità. Ai 2,5 milioni di euro di risarcimento che ha chiesto a Zernar e allo Stato fa solo un cenno, «perchè i soldi non mi restituiranno mai nemmeno un’unghia di ciò che io e la mia famiglia abbiamo dovuto passare».

 Al bombarolo (o ai bombaroli, come ipotizza il pm Frezza nella sua richiesta di archiviazione), riserva poche parole: «Il suo silenzio mi fa paura, ma anche sperare. Se non ha ripreso questa sfida al mondo intero, in cui si sente un sovrano, un Dio di questa terra, c’è motivo di sperare che sia successo qualcosa che gli ha impedito di agire e tutti sanno a cosa mi riferisco».

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