Anche la Chiesa appoggia la protesta dei cadorini
PIEVE DI CADORE. «La montagna morirà se non si faranno scelte coraggiose e leali nei confronti delle sue popolazioni; e ciò sarà un grave danno per tutti».
Parole chiare, dure, inequivocabili quelle che, alla vigilia della grande manifestazione di oggi sul ponte Cadore, pronuncia monsignor Diego Soravia, arcidiacono del Cadore, anche a nome di tutti i parroci.
Parole che Soravia lancia dall'alto della sua cattedra, che è morale ma anche politica, e che reclamano gesti conseguenti da chi ha la «responsabilità delle scelte» e può e deve, quindi, fare qualcosa. Parole per dire a tutti i manifestanti: la Chiesa è vicina a voi ed alla vostra sacrosanta protesta.
«Anche perché», spiega monsignor Soravia, «qui in montagna siamo pochi, la nostra forza contrattuale è minima e quindi dobbiamo fare squadra tutti insieme, lavorando su pochi ma fondamentali obiettivi, se vogliamo avere qualche possibilità di successo. E non si tratta di rivendicazioni contro, ma di chiedere opportunità per; quindi noi parroci non possiamo che stare dalla parte dei nostri concittadini mentre protestano civilmente per ottenere maggiore attenzione alla vita in montagna. Non possiamo, infatti, assistere passivamente all'impoverimento dei servizi essenziali che permettono alla gente di vivere decentemente lontano dai centri della pianura e dai luoghi delle scelte politiche».
Ma c'è di più: l'arcidiacono del Cadore esprime un chiaro rifiuto ad accettare per la montagna il ruolo di “parco divertimenti” dei cittadini.
«Non ci rassegnamo», prosegue, « a diventare custodi delle case vuote ed in vendita e nemmeno ad essere animatori del tempo libero e del fine settimana di chi viene in montagna solo per apprezzare il clima, la pulizia ed il folklore delle nostre contrade. Con le nostre comunità cristiane chiediamo una concreta azione da parte di chi detiene il potere delle scelte affinché la vita in montagna sia possibile alle stesse condizioni di chi ha facilità di servizi nei trasporti e nella salute: la disparità di trattamento infatti ci penalizza in tutti i settori del vivere».
Un richiamo rivolto direttamente e senza equivoci a Venezia; e tanto forte ed accorato da raggiungere senza dubbio anche la laguna, laddove si ritiene vi possa essere chi ha il «potere delle scelte» e può quindi invertire un trend che, in fatto di tagli ai servizi, risulta oggi drammatico. Ma nelle parole di Soravia non c'è solo una forte rivendicazione dei diritti di chi vive in montagna, ma anche un chiaro sostegno agli amministratori locali ed un doveroso invito a sperare.
«Nello stesso tempo sosteniamo i nostri Amministratori», prosegue, «perché individuino scelte ed accorgimenti che alimentino la speranza delle nostre genti: tempi duri ci sono sempre stati e con il coraggio e la tenacia si sono superati. Non manca mai nelle nostre celebrazioni la preghiera per chi ha il mandato di amministrare: lo facciamo con più convinzione in questo momento mentre pacificamente innalziamo il nostro grido: “da soli o lasciati soli non ce la facciamo!”
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