Alghe e sabbia colorano la neve di rosa: in Marmolada si accelera lo scioglimento

L’Arpav analizza le ricadute del fenomeno. Budel: «Ora è difficile salire il sicurezza il ghiacciaio se non si è preparati»

ROCCA PIETORE. Da qualche giorno le guide alpine sconsigliano ai propri clienti di attraversare il ghiacciaio della Marmolada. «A causa dei crepacci che si stanno allargando perché le nevi si sciolgono per le alte temperature», spiega la “sentinella della Marmolada”, come è stato chiamato Carlo Budel che gestisce la capanna Punta Penia, ad oltre 3400 metri, «è difficile salire in sicurezza se non si è preparati e se non si dispone del massimo di attrezzatura».

Ieri, per dire, la giornata è stata molto bella, nel pomeriggio è arrivata la tempesta, anche in vetta, dopo qualche minuto è comparso l’arcobaleno, col sole al seguito.

Fino a un mese fa i ghiacciai delle Dolomiti si presentavano ricoperti ancora in gran parte dalla neve invernale, alimentata anche dalle precipitazioni del 12 e 15 luglio.

Gli esperti dell’Arpav di Arabba l’hanno studiata, trovandola perfino colorata. Ma nelle ultime settimane la situazione sta radicalmente cambiando, almeno a sentire chi sta in vetta. «Non ho mai visto una spoliazione del ghiacciaio come in questi giorni», testimonial Budel.

La neve del mese di luglio, invece, si presentava color bianco latte e nascondeva in parte la vecchia neve, ricca di deposizioni di sabbia del deserto delle nevicate di fine inverno, che le davano un colore rosato, e di depositi di pollini, principalmente degli abeti rossi, caduti in grandi quantità a maggio.

Sulla superficie del manto nevoso, infatti, era ed in parte è ancora presente una alga verde, la Chlamydomonas nivalis, che assume un colore rosso dovuto al brillante pigmento carotenoide rosso, che protegge il cloroplasto, parte della cellula in cui avviene la sintesi clorofilliana, dalle intense radiazioni visibili e ultraviolette quando l’alga si trova vicino alla superficie del manto nevoso (5-25 di cm di profondità).

«L’effetto della neve colorata ha accelerato la fusione dello strato superficiale del manto nevoso invernale», riferiscono i tecnici dell’agenzia regionale nel loro studio. «Questo processo è stato rallentato dalle precipitazioni nevose di luglio. Il manto nevoso bianco latte, che riflette una grande quantità di radiazione solare (90% nel caso di neve fresca), ha così rallentato la fusione superficiale della neve e del ghiaccio sottostante».

Per proteggere pezzi strategici di ghiaccio, specie ai bordi della pista che scende da punta Rocca, sono stati stesi dei teli bianchi in geotessile. Teli che sono costruiti in materiali che riflettono oltre il 60% della energia solare che arriva, rispetto al 40% riflesso da una neve vecchia senza protezione. Quindi, oltre alla protezione fisica della neve, viene accumulata minor energia e la fusione del manto nevoso è più lenta.

Ma sono importanti soprattutto le precipitazioni. Negli ultimi 30 anni si contano 22-27 giornate nel mese di luglio con precipitazioni nevose. La seconda decade dello scorso luglio è stata la terza più fresca in quota dal 1990, preceduta solo da quella del 1999 e del 1992. Anche il mese di giugno è stato il più fresco dal 2000. Questo andamento delle temperature ha ulteriormente favorito, rispetto agli anni scorsi, una fusione più lenta della neve invernale. —


 

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