Al Kanguro cresce il malessere «Non siamo a Milano, apriteci»

Questa settimana serrande abbassate anche venerdì: «A dicembre lavorati soli dodici giorni Si creano disparità con i nostri colleghi che operano fuori, rischiamo di perdere clienti» 
Alessia Forzin

L’allarme

Sei mesi con i negozi chiusi nei week end. Incassi crollati, un malessere che ormai non si può più contenere. Da novembre le attività che si trovano all’interno del centro commerciale Kanguro a Sedico non possono lavorare il sabato e la domenica, per decreto del governo. «È concorrenza sleale», lamenta Flavio Del Monego, titolare del negozio di ottica New Optical store. Con lui ci sono Paola Garna, di Ted calzature e pelletteria e Martina Mazzucco, nel negozio di abbigliamento New Look.

«Il sabato è la giornata in cui si lavora di più, per noi il danno è enorme», continua Del Monego. «Nel primo lockdown, nella primavera 2020, le attività potevano rimanere aperte in base al codice Ateco, indipendentemente da dove si trovassero. Adesso, invece, se lavori all’interno di un centro commerciale devi stare chiuso. Ma non è giusto: si crea una disparità con i negozi che operano all’esterno di queste realtà». E si rischia di perdere clienti, perché se una persona ha un’emergenza, ad esempio un problema con gli occhiali, si rivolge al negozio che trova aperto.

Al Kanguro ci sono il supermercato, un corner Upim, un bar pizzeria al taglio, un negozio di ottica, uno di abbigliamento e uno di scarpe e borse, e due centri di telefonia. Il sabato e la domenica può lavorare solo chi vende generi alimentari. «Ma qui non si creano assembramenti, c’è un corridoio molto ampio che separa il supermercato dalle nostre attività», evidenzia Martina Mazzucco. «Il distanziamento fra le persone è garantito».

Anche i negozi sono grandi, e con i limiti alle presenze contemporanee i titolari si chiedono perché debbano rimanere chiusi nei fine settimana. «E stavolta anche venerdì, visto che sabato è il primo maggio», afferma Paola Garna. «A dicembre abbiamo lavorato dodici giorni, quando invece di solito ne lavoravamo ventinove su trentuno».

«Non si può paragonare una realtà come questa di Sedico ai grandi centri commerciali della pianura», rimarca la Mazzucco. Tanto più se poi si considera che alcuni grossi negozi di abbigliamento o di arredamento per la casa possono tranquillamente lavorare, sia il sabato che la domenica, perché non si trovano all’interno di un centro commerciale.

«Basterebbe considerare i contesti territoriali, capire che Belluno non è Milano o Mestre», rimarcano i commercianti, sfiniti da una situazione che è sempre più complicata. «Ci sono arrivati ristori ridicoli, e solo l’anno scorso. Ma le spese le abbiamo anche noi. Ci sono affitti, bollette, la merce da pagare. Se devo stare a casa ogni sabato», aggiunge la Garna, «almeno che lo Stato mi aiuti in qualche modo».

Ma la richiesta dei titolari delle attività è in fondo di poter lavorare. Di essere considerati alla stregua dei colleghi che hanno i negozi fuori da un centro commerciale. «Nelle bozze del nuovo decreto sembrava potessimo aprire dal 15 maggio, invece dal testo definitivo questa indicazione è scomparsa. Non possiamo andare avanti così fino al 31 luglio», conclude Del Monego. «Questa norma è sbagliata, mi auguro che chi ha il potere di modificarla lo faccia». —



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