Diffamano la vicina sui social per la morte del gatto: a processo
Madre e figlia in tribunale per aver postato dei messaggi su Facebook nei quali chiamano in causa anche i carabinieri e gli avvocati

Diffamarono la vicina, coinvolgendo gli avvocati. E anche i carabinieri, a raccontarla tutta. Madre e figlia si sono messe nei guai, dopo la morte inattesa e dolorosa del loro gatto. K.D.P. e M.D.P. Devono rispondere in tribunale del reato di diffamazione, per di più aggravato dal mezzo di pubblicità planetario: il loro profilo Facebook aperto a tutti e non solo agli amici corrisposti.
Sono difese dal legale di fiducia Giorgio Gasperin del foro di Belluno, che probabilmente non si è sentito coinvolto nella vicenda e cercherà di spuntare una sentenza di assoluzione, quando sarà il momento della discussione finale del processo.
La premessa sta nel fatto che il micio è deceduto intorno al mese di ottobre di tre anni fa, a Borgo Valbelluna e le cause sono sempre rimaste sconosciute. Le due donne avrebbero cominciato a sospettare, chissà perché, della vicina di casa, con la quale i rapporti non erano per niente cordiali.
Anzi, si può dire che non andassero per niente d’accordo. Fino a quando si sono fermate al sospetto e magari a qualche mezza parola, non è successo niente. Il guaio è nato, nel momento in cui avrebbero cominciato a condividere pubblicamente il loro sentimento ostile sul social network preferito, inizialmente definendo la donna «una pericolosa criminale», alludendo al suo coinvolgimento nell’uccisione del felino. Ma con il passare del tempo, sarebbero andate anche oltre, accusandola senza remore di condurre una vita sessualmente disinibita ed è qui che entrano, loro malgrado, in scena le toghe e le divise.
Il motivo per cui la presunta gatticida rimaneva impunita risiedeva in altrettanto presunti favori sessuali nei confronti di entrambe le categorie di lavoratori. I testi dei messaggi sono stati immortalati negli screenshot e, dopo un iniziale sorriso, si è passati alla successiva indignazione.
La destinataria dei post ha cominciato a consultarli o le sono stati segnalati, sta di fatto che il 28 gennaio di due anni fa è andata per davvero alla caserma dei carabinieri, ma a presentare una querela. L’atto ha innescato il procedimento penale, che l’altro giorno è approdato davanti al giudice Domenico Riposati e al pubblico ministero Maria Luisa Pesco, che sarebbero a loro volta degli avvocati, prestati ai ruoli attuali.
Le due donne andranno a processo, nel corso del quale saranno sentiti tutti i testimoni necessari alla formazione della prova. La Procura della Repubblica ha raccolto e catalogato un certo numero di messaggi penalmente rilevanti, dei quali chiederà conto alle due imputate. Sarà sentita anche la parte offesa, che potrà costituirsi parte civile per chiedere un risarcimento.
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