«Wiggins al top ma io punto su Vincenzo Nibali»

DALLA PRIMA DELL’INSERTO
di ALDO DELLA NINA
Schietto. Diretto. Incisivo. Tafi è così. Tra ricordi e qualche fuga. Come ai bei tempi. Durante il Giro commenterà per noi ogni tappa.
A quanti Giri ha partecipato?
«Quattro. Mai ritirato. Miglior piazzamento nel 1995, quello vinto dal mio compagno di squadra Tony Rominger. Io giunsi 36º».
Lo squadrone Mapei, ovvero tanti bei ricordi.
«Già. Quella era una famiglia e Giorgio Squinzi un padre cui potevi rivolgerti per risolvere qualsiasi problema».
Anche quello del doping?
«Non scherziamo. Nessuno nega che la piaga ci sia stata, ma era così ovunque, anche negli altri sport. Solo che altrove di controlli niente o pochi, mentre da noi era ed è una persecuzione».
Ora, comunque, sembra vada un po’ meglio. C’è più attenzione e soprattutto una cultura diversa.
«Col passaporto biologico è impossibile farla franca. E mi sembra che i giovani abbiano capito che barare non paga».
Veniamo al sodo: chi vincerà la corsa rosa?
«Mi auguro Vincenzo Nibali. È determinato, ben preparato e credo che l’Astana sia la squadra più forte».
Be’, anche al Team Sky non scherzano.
«Sì, è vero Bradley Wiggins non verrà in Italia per caso. Se ha deciso di puntare sul Giro è perché vuole fare centro con l’appoggio di tanti corridori di qualità».
Ivan Basso all’ultimo momento ha dato forfait.
«Le sue potenzialità erano comunque un’incognita, così come quelle di Michele Scarponi. Peccato non ci sia Diego Ulissi».
Vero, ha deciso di puntare su Giro di Svizzera e Vuelta.
«Un segnale di come stia pensando ai Mondiali. Però al Giro avrebbe potuto dare una bella mano a Scarponi».
Cadel Evans?
«Finora ha fatto il gattino, si è nascosto. È uno da tenere d’occhio anche se gli anni cominciano a pesare».
Ryder Hesjedal?
«Vincere è facile, ripetersi difficile, però alla Liegi l’ho visto bene, il canadese. Ha aiutato parecchio Martin e ha fatto un paio di scatti che denotano una buona condizione».
Qualche sorpresa in agguato?
«Penso ai colombiani. Sono giovani e hanno dentro una grande voglia di emergere. Un nome? Dico Duarte. Con tutte quelle montagne...».
Andiamo per ordine. Prima c’è la partenza da Napoli.
«Suggestiva. Il lungomare Caracciolo, la collina di Posillipo il tuffo dentro una città meravigliosa».
Poi il profondo sud e alla quarta tappa il primo arrivo in salita.
«Robetta. Non credo che a Croce Ferrata e Serra San Bruno ci saranno distacchi abissali. Il bello verrà più avanti».
A cominciare dalla cronometro di Saltara: 55,5 chilometri sono tanti. Un bel vantaggio per Wiggins...
«Nibali può lasciare sul campo un minuto e mezzo-due».
Basso ha detto che gli scalatori possono accusarne di più: tre-quattro.
«No, sono troppi. Però è fuori di dubbio che l’inglese guadagnerà un bel po’».
Ma il tempo per rifarsi non mancherà.
«Penso che Wiggins terrà sull’altopiano del Montasio e anche a Bardonecchia e sul Galiber».
Allora vincerà lui?
«Calma. È nell’ultima settimana che si deciderà il Giro. Ci sono almeno tre appuntamenti cruciali».
Il primo è la cronoscalata Mori-Polsa.
«Esatto. Sono 19,5 chilometri tosti. Bisognerà avere una gamba tonica ma soprattutto una grande concentrazione altrimenti è la fine».
Qui meglio Nibali di Wiggins?
«Penso di sì. Vincenzo qualcosa rosicchierà. Però non penso più di 25-30 secondi».
A seguire i due tapponi.
«L’arrivo alla val Martello, dopo Gavia e soprattutto Stelvio, sarà tosto. Lo Stelvio fatto dal passo del Tonale è anche più duro rispetto all’altro versante. Qui, ovviamente, Nibali dovrà attaccare. Salita e discesa, senza tanti tatticismi».
Quanto può togliere a Wiggins?
«Diciamo un paio di minuti, se tutto va bene».
Il giorno dopo le Tre Cime di Lavaredo.
«Ma non sono quelle che faranno la differenza. O meglio sposteranno perché saranno affrontate dopo Costalunga, San Pellegrino e Giau. Anche questa sulla carta è una tappa che avvantaggia più Nibali dell’inglese. Ma è difficile quantificare un tempo. E poi la differenza tra scalatori e cronomen si è sempre più assottigliata nell’arco degli ultimi anni. Le specializzazioni non incidono più come una volta».
Insomma, per un nome secco il favorito è Wiggins?
«No, faccio il tifo per Vincenzo».
Tra l’altro di recente ha già messo dietro Wiggins, al Giro del Trentino.
«Verissimo. È stato super e quel successo è servito tantissimo per il morale. Ha dimostrato che Wiggins è battibile, che Vincenzo è maturo e può riuscirci di nuovo anche in una grande corsa a tappe. Però attenzione, il suddito della regina è una bestiaccia, uno che non molla, che venderà cara la pelle prima di arrendersi».
Abbiamo parlato poco di giovani.
«Granché all’orizzonte non vedo però due squadre cercheranno senz’altro di mettersi in evidenza: la Bardiani di Roberto Reverberi e la Fantini di Luca Scinto. Di sicuro qualcosa Scinto inventerà: almeno una tappa la porta a casa anche quest’anno».
Sorpreso dal ritiro di Alessandro Petacchi?
«Senza stimoli non si va avanti. Ha fatto bene. Benvenuto tra gli ex».
Chiudiamo da dove abbiamo cominciato, da Squinzi. Rientrerà nel ciclismo?
«Per ora non se ne parla. Troppo impegnato con la presidenza di Confindustria. E poi pensa al Sassuolo che ormai è in serie A. Da tifoso milanista il suo sogno è quello di battere l’Inter a San Siro. Magari se resta Stramaccioni ci riesce».
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