Tommasi: «Guarda dietro la figurina»

Il presidente dell’Assocalciatori va oltre al puro risultato

BELLUNO. «Guardiamo quello che c’è dietro la figurina. Perché dietro la figurina c’è molto: ragazzi e famiglie, lavoro e preoccupazioni. Magari anche solitudini».

È l’invito di Damiano Tommasi, ex punto di forza della Roma e della nazionale italiana, ora presidente dell’Associazione italiana calciatori. Il veronese, classe 1974, vincitore dello scudetto nel 2001 e celebre (anche) per essersi ridotto lo stipendio nel 2004 (1500 euro al mese) dopo l’infortunio subìto nel 2004, è stato ospite di Oltre le Vette, la rassegna del Comune di Belluno che venerdì proponeva una serata (davvero poco partecipata, un peccato) sul tema delle “Frontiere nello sport e nella vita”.

Con lui, sul palco del comunale anche il professionista del ciclismo Davide Malacarne e (in sostituzione di Oscar De Pellegrin, indisposto) Renzo Colle, colui che ha dato avvio, negli anni Sessanta, all’attività sportiva dedicata ai disabili in provincia di Belluno.

«Gli orizzonti e le frontiere da esplorare, o i luoghi comuni da abbattere, nel mondo del calcio sono tanti – ha affermato Tommasi - Innanzitutto bisognerebbe riflettere sul fatto che i calciatori non sono solamente le “stelle” strapagate che sono sempre in copertina su giornali e tv ma anche tanti ragazzi, la maggior parte, che sono al minimo dello stipendio, che non hanno certezze del futuro, ragazzi che anno seguiti, indirizzati. È proprio quello che stiamo cercando di fare con l’associazione calciatori. Sono qui da tre anni, non mi sono ancora stufato, e questo è un buon segno. Così come mi diverto ancora a giocare a calcio: da quando ho smesso col professionismo gioco in una piccola squadra vicino casa, il Sant’Anna d’Alfaedo, seconda categoria. Obiettivo: la salvezza».

Tanti i progetti di Tommasi, le frontiere da esplorare verso il calcio del futuro.

«Mi piacerebbe un calcio più umano. Una piccola cosa che si potrebbe fare per stemperare le tensioni è portare, un nonno o un bambino in panchina, accanto a tecnici e giocatori. Ma occorre anche riportare in maniera decisa il progetto sportivo al centro dell’azione della federazione e fare in modo che sempre più giocatori una volta terminato l’agonismo assumano un ruolo dirigenziale: solo così il calcio potrà interpretare di più le esigenze di chi gioca e meno quelle dello show business».

La nuova frontiera di Davide Malacarne si chiama Astana, la squadra del Kazakistan (prende il nome dalla capitale) che è di Nibali e Aru.

«In questi anni ho capito che non potrò mai realizzare il mio sogno di bambino di vincere il Giro d’Italia ma ho capito che posso aiutare un corridore di maggiore talento di me a vincerlo – ha affermato il feltrino – Ora il sogno è vincere un grande giro con Fabio Aru, che mi ha voluto all’Astana. Potremmo provarci già dalla prossima primavera, con il Giro d’Italia». (i.t.)

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi