Masoch: «Volevo rimettermi in gioco. La proposta della Dolomiti era allettante»

Serie D. L’ex Belluno aiuterà l’amico Bertagno nel ruolo di team manager.

«Ho smesso per problemi fisici, questa ormai è una vera azienda»

Gianluca da Poian
Yari Masoch, team manager della Dolomiti Bellunesi
Yari Masoch, team manager della Dolomiti Bellunesi

Nel 2021 non ha avuto modo di scendere in campo, con l’allora neonata Dolomiti. Ma che prima o poi Yari Masoch venisse coinvolto nel progetto sportivo bellunese, era pressoché scontato. Semmai il dubbio riguardava il ruolo. L’amico Simone Bertagno però non ne ha avuti in estate, dopo la decisione del centrocampista in forza al Conegliano di appendere gli scarpini al chiodo. Nomina a team manager, in quanto serviva un giovane e al tempo stesso d’esperienza per tenere i rapporti squadra - società e gestire tutto quel che deve funzionare all’esterno del rettangolo di gioco.

Intanto domani c’è l’amichevole a Pian Longhi alle 16.30 contro il Portomansuè.

Yari, partiamo da quel sempre complicato momento in cui un calciatore dice: “Basta”.

«Nella decisione, ha inciso e non poco la questione fisica. Sto infatti facendo i conti con un paio di ernie alla schiena, le quali nell’ultimo anno mi hanno impedito di tornare ai miei abituali livelli. Essendo una persona molto orgogliosa, ciò mi ha infastidito. Si sono in seguito aggiunte delle questioni famigliari, senza dimenticare un lavoro sempre più impegnativo. Inoltre, non lo nego, una spinta decisiva è stata proprio la chiamata della Dolomiti».

Ti riferisci alla proposta pervenuta dal tuo amico Bertagno?

«Sì. Del tutto inaspettata, eppure interessante in quanto legata a un incarico che può consentirmi di crescere anche in un altro ambito calcistico. Per carattere, non mi sottraggo mai al mettermi in gioco. Comunque, concludendo il discorso “ritiro”, non voglio passi come una scelta a cuor leggero. Quando giochi a calcio per oltre vent’anni, l’idea di fermarsi è difficile da accettare. In ogni caso andava presa, nel rispetto del mio passato».

Adesso di cosa ti occupi nello specifico?

«Seguo la prima squadra a 360 gradi. Sono a disposizione dei giocatori se hanno dei problemi, gestisco la parte logistica, vedi ad esempio l’organizzazione delle trasferte, e faccio da tramite tra squadra e dirigenza. A tal proposito, una compagine è forte solo se si identifica in una società altrettanto forte».

Che Dolomiti hai trovato?

«Una vera e propria azienda. Quanto sta costruendo il club lo dicono i risultati e non mi riferisco solo a quelli sportivi. Parlo dell’organizzazione sviluppata nei tre anni, della creazione di strutture all’avanguardia e così via. A tal proposito, la Dolomiti ha un forte radicamento nel territorio: i sintetici sono al servizio in primis dei giovani, a cui vengono e verranno date opportunità che purtroppo la mia generazione non aveva».

Chiudiamo con la prima squadra.

«Non nascondiamoci dietro a un dito: l’ambizione di stare in alto c’è e abbiamo un presidente che trasmette a tutto l’ambiente la grinta e la voglia di primeggiare. Certo, in una D livellata e caratterizzata da numerose partite, sarà fondamentale cominciare con il piede giusto. In tal senso, può rivelarsi utile la spensieratezza e brillantezza della gioventù della rosa. Perché, non dimentichiamolo, qui l’età media è bassa».

Mister Zanini lo conoscevi da avversario.

«A livello tecnico e tattico non lo scopro certo io. È un tecnico a cui piace far giocare bene a calcio le sue squadre e la rosa è allestita pensando a ciò. Ma sto scoprendo un allenatore abile anche nel trasmettere serenità alla squadra, nonché nel saper gestire il gruppo».

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