La Storia siamo noi Ecco l’Italia più bella

Non si era mai visto un calcio così, uscire dai cuori e dai piedi di giocatori vestiti d’azzurro. Era una domenica, quel 24 giugno, in cui l’Italia cambiò – e speriamo per sempre – l’immagine del calcio italiano. Era il giorno del quarto di finale Inghilterra-Italia, vincemmo ai rigori ma arrivammo al dischetto con la sensazione che mai avremmo potuto perdere perché prima avevamo strameritato di vincere.
Da quel giorno, e ancor più dopo la successiva semifinale con la Germania, nulla sarebbe stato come prima. Dentro il campo, certo. Perché fuori il calcio italiano continuava – e continua ancor oggi – ad avere i suoi infiniti problemi fatti di corruzione, razzismo, scarsa cura dei settori giovanili, improvvisazione e quasi tre miliardi di debiti accumulati con cuor fin troppo leggero.
Dicevamo di quella domenica magica e speciale. Sì, va be’, dopo sono rimasti ancora pizza, spaghetti e mandolino e per quelli ci sono poche speranze. Però da quella partita non c’è più l’Italia del catenaccio, del gioco un po’ di attesa, poco spettacolare, fatto per fregare gli avversari. Gli spagnoli sono sempre stati poco teneri con noi, calcisticamente ci odiano ma il giorno dopo Inghilterra-Italia i loro giornali e i loro tecnici ci hanno reso omaggio utilizzando il nostro vocabolario per associare Bella alla Azzurra. E che dire degli inglesi, che si sono inchinati, riempiendoci di complimenti?
Ecco, quella domenica il ct azzurro Cesare Prandelli ottenne due risultati in qualche modo storici: il primo è appunto quello di aver messo definitivamente in soffitta stereotipi che legavano il nostro calcio a immagini romanzate di barricate e alla palla lunga e pedalare. E non deve sembrar cosa di poco conto anche il secondo risultato, quello di aver fatto tornare agli italiani la voglia di innamorarsi di questa squadra. Quella domenica davanti ai televisori eravamo quasi in 22 milioni, 9 su 10 fra quelli che avevano premuto il tasto on. Ed eravamo lì anche perché il 1° luglio del 2010 le prime parole del buon Cesare con addosso la giacca da ct furono: «La nazionale non è mia, è di tutti».
C’era stato bisogno di precisarlo perché uscivamo da una spedizione sudafricana che non aveva certo attirato troppe simpatie.
Quella uscita dall’Europeo di Polonia e Ucraina invece era di nuovo l’Italia di tutti. Per questo dovremmo essere grati a Prandelli: a distanza di tempo siamo tutti orgogliosi di quello che abbiamo ancora negli occhi e che arrivava dopo una stagione terribile fatta di scandali, debiti e ondate di razzismo.
Le premesse per un disastro c'erano tutte. Finì invece con lacrime d’orgoglio dopo una finalissima strapersa contro i campioni di tutto della Spagna, pochi giorni dopo una meravigliosa semifinale con la Germania. Roba da accapponar la pelle, roba che ci fece titolare La Storia siamo noi. Avevamo bisogno di un’Italia così.
Nell’eBook troverete storie forse dimenticate e anche qualche anticipazione allora passata in secondo piano, come quella del possibile addio del ct a fine Europeo. Per fortuna poi Prandelli ci ha ripensato.
disponibile dal 7 giugno
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