La Corea africana Il Mondiale più brutto

Il Mondiale più brutto, forse anche più di quello del 1966 in Inghilterra, quando a sbatterci fuori fu la Corea del Nord. Da allora, per ogni fallimento calcistico, si è sempre parlato di Corea. E...

Il Mondiale più brutto, forse anche più di quello del 1966 in Inghilterra, quando a sbatterci fuori fu la Corea del Nord. Da allora, per ogni fallimento calcistico, si è sempre parlato di Corea. E quella del 2010 indubbiamente fu una Corea africana, con una squadra azzurra imbarazzante, mai capace di appassionare. Eppure, anche in quella vigilia, c’erano stati grandi proclami, piccole guerre contro i detrattori o semplicemente contro chi osava fischiare per un rendimento imbarazzante durante un’amichevole. Quella nazionale dava l’idea di essere una specie di piccolo clan, pronto a entrare in guerra col resto del mondo. Addirittura si è arrivati al punto che in alcune città erano stati organizzati gruppi di ascolto per tifare contro, fenomeni circoscritti certo ma il clima intorno alla squadra azzurra non era certo di simpatia.

Così il carro del vincitore sul quale il ct Marcello Lippi non voleva far salire nessuno (imprudente dichiarazione della vigilia), purtroppo si rivelò solo un carrello dei bolliti. E se lo divorarono ancor prima che uscisse dalla cucina di un girone eliminatorio che in teoria doveva essere di burro ma che alla fine si rivelò solo indigesto. Al banchetto delle grandi squadre non ci è neanche arrivato e forse è stato meglio così. Meglio perché contro l’Olanda sarebbe stato un massacro.

Ma anche contro la modesta Slovacchia, nella partita del tracollo, e prima ancora con i dopolavoristi della Nuova Zelanda e con il Paraguay, la palla non l’avevamo mai vista.

E vi risparmiamo gli stucchevoli balletti del dopo, animati da quelli bravi a sindacare sul gol annullato per fuorigioco o su quel tiro che forse era entrato. Fu un disastro da far invidia alla Longobarda di Oronzo Canà. In quel film Lino Banfi era L’allenatore nel pallone, ed è un titolo che purtroppo si accosta alla perfezione al tecnico che quattro anni prima ci aveva regalato una gioia immensa e che quel giorno era lì che vagava da un microfono all’altro con lo sguardo perso nel vuoto a ripetere «è colpa mia». Fu molto onesto da parte sua ma oggettivamente tirar fuori la supponenza dei giorni migliori sarebbe stato difficile. Resterà nella storia con Vittorio Pozzo ed Enzo Bearzot per i titoli mondiali ma sarà anche al fianco di Edmondo Fabbri, il commissario tecnico della sconfitta del 1966 contro la Corea del Nord di Pak Doo-Ik.

In Sudafrica, quella squadra con il terrore nelle gambe, nella testa e nel cuore – parole dello stesso ct azzurro nel meaculpa del dopopartita – non era riuscita neanche ad appassionarci. E forse il brutto, o il più brutto della spedizione vergognosa, fu proprio questo.

Subito dopo la conclusione anticipata dell’avventura, toccò a Cesare Prandelli cominciare una difficoltosa opera di ricostruzione. Con un vantaggio: il carrello dei bolliti, al suo arrivo, se lo erano già mangiato. Dalla sua cucina poteva solo uscire roba meno indigesta. La storia del dopo è nota.

Nel nostro eBook, di quel Mondiale troverete ogni retroscena, il racconto dettagliato di ogni giornata che non regalava certo sensazioni positive. Anche se, fino all’ultimo, tutti restammo appesi a un possibile miracolo. Una storia amara, comunque, tutta da rileggere.

disponibile dal 31 maggio

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