Francesco Moser racconta di quel furto della bici a Feltre

Francesco Moser, trentacinque anni dopo. Le montagne bellunesi a decidere il Giro, lo splendido scenario dell’Arena di Verona nella crono conclusiva: la corsa rosa, quest’anno, ricalca un po’ il gran finale di quella vinta dallo “sceriffo” nel 1984 al termine di un lungo e molto discusso testa a testa col francese Laurent Fignon.
Francesco Moser tra passato, presente e futuro con lo sguardo concentrato sulla Feltre-Croce d’Aune di sabato; una tappa che potrebbe risultare decisiva per l’assegnazione della maglia rosa.
«È presto per dirlo, ci sono tante salite in questo Giro d’Italia, bisognerà capire con quale classifica ci si appresterà ad affrontare quella che sicuramente sarà una tappa movimentata. Oltre alla classifica generale bisognerà capire anche come si svilupperà la tappa. È molto lunga e presenta tante salite. Se il gruppo resterà tranquillo, magari stanco dopo le fatiche dei giorni precedenti, sarà una cosa. Se invece ci saranno attacchi già a partire dalle prime rampe il divertimento sarà assicurato. Di certo quella sarà una tappa dove qualcuno dei big potrebbe andare in crisi. Alla partenza ci sarà tanta stanchezza, arriverà al culmine di una settimana importante. Non escludo però che la classifica potrebbe essere già delineata prima del via».
A proposito della Feltre - Croce d’Aune, fari puntati sul passo del Manghen che Francesco Moser conosce bene.
«L’ho affrontato proprio correndo il Giro d’Italia, ma non quando lo vinsi nel 1984. È una salita lunghissima, sono una ventina di chilometri, ma è piazzata molto lontana dal traguardo, è difficile che potrà fare selezione anche se potrebbe essere sfruttata per costruire una fuga da lontano oppure un’azione solitaria. Penso a quanto fatto da Froome lo scorso anno, che costruì la vittoria del Giro d’Italia con quella fuga, dal sapore epico, sul Colle delle Finestre. Mi piace pensare che sul passo del Manghen potrà accadere qualcosa di simile. A voler essere realisti invece, a mio avviso sarà forse più decisiva l’ascesa al passo Rolle dopo il lungo falsopiano di Predazzo. Certo è che sulle salite finali verso Croce d’Aune e Col Melon arriveranno davanti coloro che avranno saputo gestire al meglio le energie, sia fisiche che mentali».
Il 2019 come quel 1984 tanto caro a Francesco Moser che, osannato da un pubblico in visibilio, entrò nell’Arena di Verona da trionfatore del Giro d’Italia.
«La tappa del giorno prima venne vinta da Fignon ad Arabba. Conquistò la maglia rosa in quella circostanza ma non mi arresi. Il giorno successivo mi presi la rivincita nella cronometro di Verona ed alla fine vinsi quel Giro. Non ci fu nessuna polemica tra me e Fignon, su quella cronometro venne costruita una storia che guadagnò presto gli onori della cronaca, oltre alle copertine di mezzo mondo, dopo che l’entourage del francese mise in piedi una contestazione subito cavalcata dalla stampa. Mi accusarono di essere stato favorito dalla scia di un elicottero adibito alle riprese. Se ci ripenso ancora oggi mi viene da ridere».
La storia di Francesco Moser in sella ad una bicicletta si intreccia a più riprese con la provincia di Belluno. Vicende che vanno anche oltre il Giro d’Italia come quella partecipazione alla 24 ore di Feltre culminata con il clamoroso furto di una bicicletta …
«Verissimo, è un episodio che risale ad una quindicina di anni fa, sicuramente dopo il duemila, ma non ricordo con esattezza l’anno. Entrai in albergo con l’idea di portarmi la bicicletta in camera. L’avevo fatto spesso. Era una bicicletta nuova di zecca, aveva percorso non più di una trentina di chilometri. Alla reception mi dissero, “signor Moser, la metta nella sala che abbiamo riservato a tutte le biciclette”. Mi sono fidato, l’ho lasciata lì e così fece anche un mio compagno. C’erano tante bici, ma ad essere rubate furono le nostre due. Nottetempo. Ricordo infatti che a mezzanotte sono sceso giù, ma la bici già non c’era più. Facemmo subito la denuncia, ma le bici non vennero mai ritrovate. Per fortuna in macchina avevo un’altra bici di scorta, partecipai alla gara con quella. Va detto che, anche oggi, capita spesso assistere al furto di una o più biciclette a margine di una gara. Quelle di oggi poi sono particolarmente costose. A proposito di Feltre, devo fare i complimenti agli ideatori della granfondo Dolomiti Sportful Race, disegnata su un percorso molto bello, che verrà ricalcato fedelmente in occasione del passaggio del Giro d’Italia. Un riconoscimento giusto per chi ha puntato sulla bicicletta per promuovere, anche turisticamente, il proprio territorio».
A proposito di promozione turistica del territorio, c’è un accordo quadriennale siglato con Rcs che prevede il passaggio del Giro d’Italia nel Bellunese. C’è una montagna che si sente di consigliare al patron Mauro Vegni, magari per il prossimo anno?
«Mi piacerebbe che il Giro d’Italia tornasse sul passo Cereda, una salita a cavallo tra Veneto e Trentino. È stato inserito spesso nelle tappe dolomitiche, ma ora manca da qualche anno. Probabilmente avrebbero potuto inserirlo già in questa edizione in una delle tappe che coinvolgono la provincia di Belluno e quella di Trento. Magari tornerà utile nella prossima edizione. Lo spero. Le Dolomiti rappresentano un simbolo per tutti gli appassionati di ciclismo ed il Giro d’Italia ne mette, meritatamente, in vetrina la propria indiscussa bellezza. Il miglior spot, a metà tra il turistico e lo sportivo. Non ci sono dubbi. Il ciclismo rappresenta il miglior megafono in grado di esaltare le bellezze paesaggistiche del nostro splendido paese». —
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