Il procuratore di Treviso: «La violenza giovanile è tra di noi, non solo nelle grandi città»

Il capo della Procura Marco Martani allarga la riflessione dall’omicidio di Castelfranco alla situazione dei giovani di oggi: «È un’escalation, c’è un senso di impunità ed è molto preoccupante»

Marco Filippi
Un amico di Lorenzo Cristea fuori dalla caserma dei carabinieri di Castelfranco
Un amico di Lorenzo Cristea fuori dalla caserma dei carabinieri di Castelfranco

«Sono pericolosi socialmente per questo motivo il sostituto procuratore che si occupa del caso chiederà al gip che i due giovani rimangano in carcere».

La linea della procura di Treviso è chiara: mano pesante su chi si è macchiato di un delitto senza senso perché i futili motivi non possono essere considerati un movente. L’omicidio del ventenne di Trebaseleghe, Lorenzo Cristea, è soltanto l’ultimo di una serie di episodi di violenza giovanile nella Marca. Basti pensare che nell’arco di cinque mesi due ragazzi sono stati assassinati.

Il diciannovenne accusato dell’omicidio di Lorenzo è uno studente di un istituto tecnico
Badr Rouaji e Taha Bennani

Oltre al delitto di domenica notte fuori dalla Baita al Lago a Castelfranco, c’è anche quello di Francesco Favaretto, 22 anni, ucciso lo scorso dicembre in via Castelmenardo a Treviso. Se poi si allarga lo spettro dei casi di disagio e violenza giovanile nella Marca, si può anche includere quello del 17enne che il 21 gennaio dell’anno scorso uccise Bledar Dedja, il giardiniere di 39 anni di origine albanese, accoltellato nel boschetto di via Dei Carpini a Pieve del Grappa.

«È un’escalation - spiega preoccupato il capo della Procura Marco Martani - che non riguarda soltanto le periferie degradate delle grandi città ma ormai tutte le province d’Italia, purtroppo anche Treviso».

Un crescendo di violenze che non si manifesta soltanto là dove aumentano la povertà e le disuguaglianze sociali.

«L’omicidio di domenica notte a Castelfranco - continua Martani - è per certi aspetti ancor più preoccupante perché privo di movente. Un motivo banale, che ha avuto origine all’interno della discoteca e che ha spinto due giovani ad aspettare poco dopo, all’esterno del locale, altri ragazzi per vendicare chissà quale sgarbo. È una reazione sproporzionata. Purtroppo c’è un grande senso di impunità da parte di alcuni giovani».

Ai due giovani di origine marocchina che sono ora rinchiusi nel carcere di Santa Bona a Treviso per una serie di reati, tra cui l’omicidio volontario, Badr Rouaji, 19 anni, e Taha Bennani, 22 anni, non è stata contestata l’aggravante della premeditazione. «Seppur si trattasse quasi di un agguato, non c’è l’elemento “spazio-temporale” per contestare quest’aggravante», precisa il capo della Procura.

«Ora stiamo cercando di incrociare testimonianze e analizzare tutti i filmati disponibili compreso quello di un giovane che, con senso di responsabilità civica, l’ha consegnato ai carabinieri. Seppur breve, è di grande rilevanza investigativa. Anche i filmati parziali della discoteca e dei sistemi di videosorveglianza della zona saranno utili per ricostruire con precisione i fatti».

Gli inquirenti cercheranno anche di capire come i due giovani, indagati per omicidio, abbiano raggiunto la Baita ad Lago da Montebelluna, dove risiedono. «Escluderei l’ipotesi che abbiano viaggiato su un’auto di loro proprietà ma di sicuro non sono arrivati a piedi. Lo verificheremo nel corso delle indagini».

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