L’Università di Padova aumenta i corsi in lingua inglese: ora uno su quattro è internazionale

La svolta accoglierà gli studenti all’inizio del nuovo anno accademico: «Una transizione nel solco della nostra storia»

Costanza Francesconi
Una lezione in un'aula dell'Università di Padova
Una lezione in un'aula dell'Università di Padova

Quest’anno all’Università di Padova più di una lezione su quattro si terrà in inglese. Se questo a una matricola, cresciuta a pane e serie tivù in lingua originale, può sembrare normale in realtà nasconde una svolta epocale.

Per capirne la portata basta riportare il calendario al 2022, quando l’ateneo ha spento le sue ottocento candeline. In quei giorni l’Università di Padova offriva integralmente in lingua veicolare il 20% sul totale dei corsi di studio attivi e, oggi, quell’asticella è salita al 26%.

«Una transizione portata avanti nel solco dell’internazionalizzazione che è, storicamente, la cifra dell’ateneo, meta nei secoli di studenti e docenti provenienti da tutta Europa» mette in luce il prorettore alla didattica, Marco Ferrante.

Corsi e master

Nel dettaglio, l’anno accademico che sta per partire propone 55 corsi di studio erogati interamente in lingua straniera, più altri 12 che hanno almeno un curriculum in inglese. Sul totale, 6 sono lauree di primo livello (triennali), 48 lauree magistrali e una, Medicine & Surgery, è una magistrale a ciclo unico.

Per cogliere ancora meglio il cambio bisogna fare un salto al 2021-2022, all’inizio del mandato della rettrice Daniela Mapelli, quando l’offerta raggiungeva 37 corsi integralmente in lingua straniera e 8 con almeno un curriculum. Il totale passa da 45 a 67, segnando un aumento complessivo del 48%.

Per quanto riguarda il capitolo master, invece, dai 28 totali con cui gli studenti hanno potuto misurarsi (e sbizzarrirsi) nel 2021-2022 – di questi 6 erano esclusivamente in inglese e 22 a lingue miste – si arriva ai 37, su 138 totali, per l’anno che sta per partire: di questi 11 in inglese, 36 misti. «Un aumento del 32,1%», evidenzia la prorettrice delegata ai master, Marta Ghisi, «e, soprattutto, un aumento dell’83% di quelli esclusivamente in inglese, che in pratica sono raddoppiati».

L’università parla inglese

Ma cosa ci dice dell’università il consolidarsi di una didattica sempre più «in English»? «Si arricchisce un percorso intrapreso dall’ateneo ancor prima che l’inverno demografico, e il suo riflesso anche nelle università, diventassero un tema», premette il prorettore Ferrante.

Valorizzare, ancora a partire da anni non sospetti, la natura internazionale del Bo permette all’ateneo di non dover subire passivamente l’impatto che i calo delle nascite inizia ad avere anche su quanti scelgano di intraprendere studi accademici. E il risultato si vede anche in città, popolata da sempre più studenti stranieri, in percentuali che assolutamente non immaginavamo possibili fino a dieci anni fa».

 

Tra calo demografico e prestigio

Più d’una le ricadute positive: se da una parte l’ombra del calo demografico italiano, come detto, viene attutita, cresce anche il prestigio. «Il degree-seeker, cioè chiunque sia in possesso di un titolo di studio estero e desideri frequentare un intero corso di studi in Italia, generalmente è molto aggiornato e attento rispetto alle classifiche sulle migliori università al mondo – spiega Ferrante –. Con i suoi ottocento anni, Padova ha dalla sua una tradizione importante e, posizionata oggi nei Rankings più quotati come ateneo di alto livello, se la gioca con i grandi internazionali».

Dover fare lezione in inglese, non è stato un passaggio sofferto dai professori. «Non riscontriamo difficoltà a coprire i corsi. I docenti più giovani hanno ormai tutti esperienza all’estero, per molti di loro è quasi indifferente fare didattica in lingua madre o veicolare» prosegue il prorettore, che nel panorama odierno registra una buona rappresentanza di didattica in lingua inglese in pressoché tutte le scuole.

E lato studenti? «Le iscrizioni chiudono a fine gennaio, i dati definitivi li vedremo solo successivamente. Quello che posso dire è che, al memento, non abbiamo motivo di pensare che la situazione cambierà rispetto a come si è attestata». Su una comunità di oltre 75 mila studenti, gli iscritti stranieri oggi sono l’11%. —

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