Addio a Paolo Del Giudice, l’arte in lutto
Aveva 72 anni, era ricoverato alla casa dei gelsi. Ha ritratto paesaggi del Nord Est e realtà metropolitane, ma anche le pagine più nere della storia collettiva. Il ricordo di Manzato: «Vedeva la bellezza anche in un cavalcavia o in un incrocio»

La pittura trevigiana a cavallo di Novecento e Duemila perde uno dei suoi grandi. È scomparso Paolo Del Giudice: malato da tempo, è spirato sabato alla Casa dei Gelsi. Avrebbe compiuto 73 anni a luglio.
L’ultima sua donazione pubblica era stata a Valdobbiadene, al Comune, cui aveva regalato una quadreria che abbellisce ora il palazzo comunale.
Il profilo
Con il suo inconfondibile stile ha ritratto i nostri paesaggi, anche delle città, Venezia e la laguna, i grandi poeti del Nordest e d’Italia, ma anche la storia della cultura e le pagine più nere della storia collettiva (la Grande Guerra), così come la realtà fin nei suoi relitti. Viveva vicino al teatro Eden, aveva lo studio sul Montello, a Volpago.
L’aveva acquisito in tandem, in un casale del ’500, con l’amico Francesco Stefanini. Sin da ragazzo aveva elaborato un linguaggio fortemente espressionista, e nel 1970 avrebbe vinto la prestigiosa Biennale Triveneta d’arte di Cittadella, che lo rivelò al mondo artistico da autentico autodidatta.
Frequentava infatti il liceo scientifico, e si sarebbe iscritto di slancio a Lettere e Filosofia, salvo poi passa all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove avrebbe incontrato Bacci e Vedova, così come Viani, e partecipato alle iniziative della fondazione Bevilacqua La Masa. Ma i suoi inizi sono “laterali”: anticipa il multimediale con reperti fotografici della vita quotidiana, serigrafati prima della pittura vera e propria, anche se poi spiccano i due dipinti murali a Venezia e Marghera, nei primi anni ’80.
I luoghi frequentati
In laguna Del Giudice è già nome affermato. La sua ricerca pittorica si allarga ai luoghi della memoria collettiva, degli artisti e dei poeti, e alle realtà urbane, nordestine e metropolitane.
Il legame con il Nord Est
Ma soprattutto, dopo gli exploit a Milano e Roma, diventerà sistematico il suo legame con il Nord Est. I luoghi della memoria e della bellezza non a caso location delle sue esposizioni (Sesto al Reghena, Pieve di Soligo, Bassano, Gorizia, Trieste, Feltre, Padova, Caorle) la natia Treviso, ma anche le trincee della Grande Guerra, il Pasolini scavato ossessivamente.
Ma al tempo stesso diventa ambasciatore dell’Italia con una personale ad Istanbul, E poi gli omaggi al libro e alla carta (Post scripta), alla memoria degli amanuensi e delle biblioteche storiche. E in moltissime biblioteche pubbliche moderne saranno le sue personali ad aprire e inaugurare gli spazi espositivi.
Le battaglie
Nel 2011 è nel padiglione italiano alla Biennale di Venezia, per cominciare il suo tributo alla nati Treviso. E negli ultimi anni le battaglie per la salvaguardia della bellezza, della memoria, dell’arte, la denuncia del paesaggio “capannonizzato”.
In particolare di villa Franchetti a San Trovaso, con numerosi appelli alle istituzioni e alle amministrazioni trevigiane per salvaguardare lo scrigno degli Albrizzi e il monumentale parco.
«Era un lirico, e inconsciamente erede della grande scuola veneta di luce e colore», lo ricorda commosso Eugenio Manzato, critico e storico dell’arte, «La pittura italiana perde uno dei suoi grandi, vedeva la bellezza in una buca di officine, in un cavalcavia, nell’incrocio dell’Eden, a conferma che la bellezza sta negli occhi dell’artista. E aveva saputo affrontare la malattia con una tenacia ed una dignità straordinarie. E va continuata la sua attività civile, il suo impegno per la salvaguardia delle bellezze storiche e artistiche delle Marca, da villa Franchetti fino agli edifici nel ’900, per al quale si è battuto fino all’ultimo».
Il ricordo
Francesco Stefanini perde il vicino di casa, a Selva: «Qui nel suo studio si tratteneva anche per settimane, aveva un’energia che sembrava inesauribile, come la sua vena, era davvero il suo buen retiro. Usava poco colore, molta trementina, per me è stato un grande figurativo nella dissolvenza, con una pittura liquida, gestuale, veloce e istintiva. Pensando a Vedova, suo professore all’Accademia, molti pensano a lui, come un astratto ma lui non è mai arrivato lì e del resto il suo docente di pittura era Bacci. Una grandissima perdita per l’arte».
Lascia la moglie Carmen, i figli Ulisse e Martino. La data dell’estremo saluto non è ancora stata definita.
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