Schlein a Mestre: «Forza Manildo, con l’alleanza più larga ora possiamo vincere»

Centinaia in piazza a Mestre con la segretaria dem che punta a sfatare i pronostici. Il candidato governatore:«Sogno l’alternanza, nei derby si impone lo sfavorito»

Laura Berlinghieri
Schlein, Manildo, Martella e alcuni candidati a Mestre (foto Pòrcile)
Schlein, Manildo, Martella e alcuni candidati a Mestre (foto Pòrcile)

«Un Veneto più giusto. Che tuteli la sanità e la scuola pubblica, che proponga politiche industriali che accompagnino le imprese. Un Veneto antifascista. Andiamo a vincere». Lo scandisce Elly Schlein da Mestre, piazzetta Coin, ai margini della piazza principale.

Le otto passate. A centinaia, stretti nei loro cappotti. Alcuni avvolti nella bandiera del Partito Democratico. La sera prima, per il centrodestra, era il Gran Teatro Geox di Padova agghindato a festa: con le bandiere, i gazebo, le felpe di Antonio De Poli.

E invece il Pd sceglie la piazza, per il comizio di chiusura della campagna elettorale per Giovanni Manildo, candidato di coalizione.

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Dall’altra parte, la sicurezza di Matteo Salvini: «Il nostro obiettivo non è vincere, è stravincere». Qui, la prudenza di chi comunque vuole fare bene: «Si sa che, nei derby, vince sempre la squadra sfavorita» profetizza l’ex sindaco di Treviso, che riuscì a sconfiggere lo “sceriffo” Gentilini.

L’immagine di cui va più orgoglioso sarà proiettata domani, nella sua città. Con la replica del comizio di ieri sera, allargato a tutte le forze politiche della coalizione: sette liste. «Una coalizione così larga non eravamo riusciti a radunarla da nessun’altra parte» ammette Schlein dal palco, tessendo le lodi del “suo” candidato: «Una persona dall’alta qualità umana e un grande amministratore».

Lui si gode la piazza. Dopo l’incontro mattutino con Matteo Renzi e un’ultima telefonata con Giuseppe Conte. «C’è proprio un bel clima. Ed è la cosa più bella» assicura, prima di chiamare sul palco, accanto a sé, tutti i candidati in Consiglio regionale, arrivati a Mestre per ascoltare lui e la segretaria.

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Schlein, come sempre, parla a braccio. Ha gioco facile nel ricollegarsi a quanto detto il giorno prima da Meloni, sempre in Veneto. A partire dai trenta giorni d’attesa, di media, per ottenere un appuntamento per una visita specialistica.

«Significa non conoscere minimamente i tempi della nostra sanità» dice la dem, per poi prendere a picconate le politiche del centrodestra: «Quelle che hanno tolto soldi a sanità pubblica, scuola, ricerca, università, politica industriale, casa, per darli alla spesa militare. Quelle che hanno portato la pressione fiscale ai livelli massimi degli ultimi dieci anni. Che hanno fatto aumentare i prezzi degli affitti, le bollette e il costo dei beni alimentari».

E a queste contrappone le proposte del Partito Democratico, declinate anche sul Veneto: «Una regione le cui imprese sono state tradite dal centrodestra, e ora chiedono di innovare». E poi: «Una regione che deve tornare a porre al centro la sanità pubblica, da difendere dai tagli e dalla privatizzazione che vuole la destra».

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Parla della campagna elettorale che si sta chiudendo e si rivolge alla piazza: «Siete la dimostrazione di un percorso che non è stato portato avanti “contro” gli avversari». Ma poi ne ha pure per gli avversari: «Non esistono leghisti “buoni” e leghisti “cattivi”. I leghisti veneti sono come gli altri: sono tutti leghisti».

E parla anche di Alberto Trentini, il cooperante veneziano di 46 anni, da più di un anno detenuto in un carcere di Caracas, senza che gli sia stata formalizzata alcuna accusa. «Dobbiamo fare ogni sforzo per riportarlo a casa» dice Schlein, «Il governo deve usare ogni canale per riportarlo in Italia il prima possibile, i riflettori non devono calare sulla sua situazione».

E di governo parla pure citando l’incontro di ieri,  19 novembre, tra la premier Meloni e il presidente Mattarella, dopo le parole del capogruppo di FdI alla Camera Galeazzo Bignami, che aveva chiesto un chiarimento al Quirinale, a proposito dell’articolo pubblicato dalla Verità, che menzionava un piano del Colle, per bloccare la conferma di Meloni a palazzo Chigi.

«Un passaggio doveroso – dice Schlein, riferendosi al colloquio tra le premier e il Capo dello Stato – dopo l’attacco scomposto di ieri. E ora il centrodestra la smetta di vedere complotti dove non ci sono e si occupi, piuttosto, della condizione economica di questo Paese».

Manildo le è accanto. Ascolta e promette alla piazza un Veneto della partecipazione. Usa lo slogan che ne ha accompagnato la campagna elettorale: «Dobbiamo trasformare il Veneto di uno nel Veneto di tutti». Parla di Zaia. Ma poi individua il “nemico” che fa più paura: l’astensionismo.

«Soltanto parlando di temi e problemi reali convinceremo i cittadini ad andare a votare». Ma il tempo, ormai, è quasi scaduto: lunedì il responso su chi ce l’ha fatta.

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