Martella: «Si apre una nuova fase per il Veneto. Il centrosinistra torna protagonista»
Il segretario regionale del Pd analizza il voto: «Cresciamo del 50%, il campo largo funziona. Affluenza terribile: serve ricostruire fiducia. Ora opposizione forte e progetto alternativo per un Veneto che chiede cambiamento»

Andrea Martella, segretario regionale del Pd. Qual è la sua analisi del voto il giorno dopo i risultati delle elezioni?
«Siamo all’inizio di una nuova fase, da tanti punti di vista. Il centrosinistra torna ad essere con queste elezioni un attore imprescindibile della scena politica regionale, con un Pd che cresce del 50 per cento. I consiglieri di minoranza non sono più una riserva indiana, avendo raddoppiato il numero dei consiglieri e superando anche FdI. Ma anche nel centrodestra le novità sono molte. La presidenza Zaia è finita, ma è evidente che questo risultato è ancora legato in modo fortissimo alla sua figura, soprattutto in casa Lega. Fratelli d’Italia ha subìto un duro colpo, e sarà inevitabile che ora cerchi di compensare lo smacco reclamando nuovi spazi e quote di potere. È un quadro che apre a un Veneto politicamente molto più dinamico e contendibile di quello degli ultimi quindici anni».
L’affluenza è stata molto bassa e l’impressione è che i partiti siano riusciti a portare alle urne solo i propri simpatizzanti. Come recuperare chi non ha più fiducia nella politica?
«L’affluenza è un dato peggio che preoccupante. Direi terribile. Quando una regione vota molto sotto il 50 per cento siamo oltre la soglia di guardia. La sfiducia si combatte tornando a coinvolgere persone e territori, riaprendo canali di partecipazione, ricostruendo un rapporto vivo con associazioni, categorie, mondi sociali che oggi non si sentono più rappresentati. La politica deve far sentire che ascolta, che è presente, che offre alternative reali e comportamenti coerenti».
La coalizione di Manildo è sotto il 30 per cento. Si aspettava di superare questa soglia? Alcuni sondaggi pre-elettorali erano più ottimisti.
«Guardiamo alla realtà dei numeri. Nel 2020 il nostro candidato prese il 15,7%. Oggi con Giovanni Manildo, che ha fatto una campagna bella e generosa, siamo alle soglie del 30 per cento. E anche in valori assoluti il salto è molto evidente: la coalizione di centrosinistra passa da 385 mila a 543 mila voti. Il Pd da solo guadagna più di 50 mila voti. Sono segnali di forza, di un grande recupero politico e culturale. Il Veneto non è impermeabile: quando ci si presenta con credibilità, con una coalizione larga e una proposta seria, la risposta arriva».
Ha parlato della necessità di continuare a lavorare, nel centrosinistra, sul campo largo. È questa la strada sia per le politiche che per le amministrative?
«Assolutamente sì. La nostra coalizione ha dimostrato unità, armonia e una forza che si è tradotta nel voto. È un modello utile anche su scala nazionale, così come per le prossime amministrative. Abbiamo lavorato per tempo, con pazienza e serietà, dando vita alla coalizione più vasta degli ultimi anni, capace di tenere insieme culture politiche diverse attorno a un progetto credibile. I risultati confermano che questa è la strada giusta».
Il Pd ha ottenuto buoni risultati nelle città, ma nei paesi a prevalere è il centrodestra, Lega su tutti. Qual è la sua lettura?
«È un dato che non sorprende e che conferma un trend noto. C’entra lo squilibrio di un contesto politico che vede governare il centrodestra da trent’anni ininterrotti. Significa una pervasività capillare del potere, delle relazioni, delle ricadute amministrative. Tutto questo pesa ancora di più nei piccoli centri, dove il radicamento di chi governa da così tanto tempo è molto forte. Per noi è la conferma che dobbiamo lavorare ancora di più nel territorio, e far passare meglio il nostro messaggio».
PER APPROFONDIRE – TUTTE LE PREFERENZE
Quale deve essere il ruolo del Pd in una regione come il Veneto e che tipo di opposizione organizzerà il partito?
«Con un risultato così importante, vicino a quello di FdI, siamo la voce principale dell’opposizione. Il nostro compito è doppio. Da un lato dare rappresentanza a quella crescente quota di veneti, quasi il 30%, che ha espresso con il voto la consapevolezza che il modello veneto non è perfetto come per anni è stato raccontato. Ha problemi, squilibri, zone d’ombra che non possono più essere ignorate. Dall’altro lato abbiamo il dovere di costruire fin da subito l’idea di un Veneto futuro, alternativo a quello che la nuova giunta proverà ad amministrare».
A Venezia il Pd è il primo partito della città, con quasi il 30% delle preferenze. Come interpreta questo dato?
«È un dato ottimo, ulteriormente rafforzato dal fatto che la coalizione di centrosinistra supera quella di centrodestra. Una buona premessa per il prossimo appuntamento elettorale. A Venezia si legge chiaramente un segnale di scontento e disaffezione verso l’amministrazione uscente. Il voto dice che c’è una domanda netta di cambiamento».
A maggio ci sono le amministrative. Tra i nomi che circolano per guidare il centrosinistra c’è anche il suo.
«Di nomi di qualità noi ne abbiamo tanti. Però, a differenza del centrodestra - che ha trasformato perfino le regionali in uno spettacolo tutto incentrato sulle poltrone, su chi dovesse comandare cosa, su quanti assessori a quali partiti – noi ragioniamo in modo diverso. Mettendo al centro il bene comune. E a Venezia il bene comune significa una cosa soltanto: cambiamento. Tutto il resto viene dopo, e sarà frutto di un lavoro collegiale serio, ordinato e rispettoso della città».
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi











