Mamme arcobaleno: dopo la sentenza della Consulta vincono in appello
La decisione della Corte di Venezia si allinea alla decisione della Corte costituzionale, ma dovranno pagarsi le spese del processo. L’avvocato difensore: «Chi chiedeva di tutelare i propri figli deve sopportare così i costi della propria difesa»

È infine arrivata anche in Corte d’Appello la vittoria delle famiglie arcobaleno padovane. Ieri dal tribunale di Fondamenta Narisi è uscita vincitrice una coppia di mamme, che nel 2018 avevano concepito all’estero il loro figlio, e il cui certificato anagrafico era stato attaccato dallo Stato nel 2023.
Dopo oltre due anni di battaglie, dopo il vademecum del ministro Matteo Piantedosi che ne chiedeva la cancellazione, e la relativa impugnazione dalla Procura di Padova, i giudici di secondo grado hanno deciso di allinearsi alla sentenza garantista emessa lo scorso 22 maggio dalla Corte costituzionale: la bambina, insomma, continuerà a portare il cognome di entrambe le genitrici.
«La Corte d’Appello rispetta pienamente la decisione della Corte costituzionale», riflette una delle mamme difesa dall’avvocato Alexander Schuster, «e rimuove una spada di Damocle che pendeva sulla nostra famiglia da molti anni ormai, assicurandoci quella serenità di cui avevamo bisogno per dedicarci alla cura delle nostre figlie».
Il caso era scoppiato ancora nel giugno 2023, quando la Procura padovana – in adesione a quanto stabilito da un vademecum firmato dal ministro Piantedosi e inviato alle Prefetture di tutta Italia – aveva notificato l’impugnazione dei certificati anagrafici delle coppie arcobaleno. Trentatré, in tutto, i casi finiti nel mirino dello Stato solo nella città del Santo. Subito è iniziata la battaglia dell’associazione Famiglie arcobaleno, che si occupa di diritti della comunità Lgbt+ e in particolare della fragile situazione delle coppie omogenitoriali.
Nel frattempo le famiglie hanno ricevuto anche il supporto del sindaco Sergio Giordani, che dal 2017 aveva scelto di riconoscere entrambe le madri come genitrici di quei bambini. Una scelta, quella del sindaco, legittima: così ha stabilito la Corte costituzionale, che lo scorso maggio ha definitivamente pronunciato sulla vicenda, con una vittoria per le famiglie arcobaleno. I casi che nel frattempo erano ancora fermi in Corte d’Appello sono stati gradualmente chiusi, sempre in favore delle madri.
«È stata inattesa la compensazione delle spese», riflette l’avvocato Schuster, che ha seguito il caso. «Quando è il Ministero ad alzare muri», aggiunge, «ma poi perde la causa, non paga. Chi chiedeva di tutelare i propri figli deve sopportare così i costi della propria difesa, nonostante avesse ragione. Si tratta di un sistema con due pesi e due misure, che scoraggia chi vuole reagire di fronte a violazioni e soprusi».
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